Blog
Blog

Non vedere, vedere e riconoscere in Psicoterapia


La donna aspettava l’uomo sconosciuto con cui aveva chattato in un sito di incontri per un’avventura di sesso che desiderava da giorni.

Era sera in un parcheggio all’aperto, il luogo concordato dell’appuntamento.

Arriva una macchina e l’uomo che ne esce è quello delle foto scambiate online, un volto bello ma anonimo: è attratta dalla figura, meno dal viso.

Lui la vede e prima di raggiungerla si dirige verso un cespuglio per orinare e quando finalmente si avvicina, lei si accorge, vedendolo meglio, che ha un volto noto, è un amico delle scuole.

L’uomo sembra rendersi ugualmente conto del viso familiare della donna e le passa accanto superandola e lasciandola lì sola.

La donna non prova dispiacere o delusione come si sarebbe aspettata, pensa però che non c’era nulla di cui vergognarsi nell’avere una conoscenza pregressa e che per lei il fatto non avrebbe ostacolato il rapporto atteso e organizzato.

I punti focali di questa dinamica sono diversi, a partire dallo sguardo che non vede l’altro e riduce il rapporto a un atto cieco e individualistico rappresentato dalla voglia di sesso a se stante, dalla ricerca nella chat e dall’incontro con l’anonimo, l’uomo dal volto bello ma insignificante: la voglia di rapporto sessuale che oggettualizza, annullandolo, l’altro; azione interrotta dal bisogno, scarica che non è proiettata addosso al rapporto, quindi non distrugge, ma spostata sull’orinare lontano, in disparte, dell’uomo.

Il cambiamento emerso è proprio nella trasformazione del rapporto cieco in bisogno, l’annullamento che la bambina ha vissuto nei primi mesi di vita per una non risposta o risposta anaffettiva da parte della madre o dell’adulto di riferimento che le ha lasciato l’esperienza di vuoto e angoscia perché quell’assenza era percepita come perdita di sé e non dell’altro, non ancora distinguibile da sé per immaturità neurologica.

Nel rapporto adulto, con gli uomini, la donna non poteva sperimentare il lasciarsi andare alla vitalità del primo anno di vita, per eccellenza il rapporto sessuale, perché rischiava di ritrovare vuoto e angoscia e per questo ricercava solo dinamiche fusionali con l’altro o al contrario esperienze di sessualità scissa da qualsiasi contenuto affettivo.

Nel confrontarsi con l’incontro sessuale organizzato in chat con i significati che già conosceva dalle elaborazioni precedenti, la donna interrompe la dinamica cieca e pertanto distruttiva con l’emergere del bisogno che, seppur scarica di tensione interna, è un oggetto visibile, tangibile rispetto all’angoscia cieca che non ha possibilità di appiglio, di salvezza, è puro vuoto e se agito, atto distruttivo di sé e dell’altro.

L’aver trovato delle risorse relazionali, come si capirà più avanti, che hanno permesso di pensare profondamente che la fiducia nel rapporto non sia solo rischio dell’abisso, ha aperto all’immagine di bisogno, l’orinare dell’altro, che si conferma efficace nel momento in cui lo sconosciuto, anonimo, confezionato dalla mente cosciente, oggetto sessuale, prende le sembianze di un affetto del passato, l’amico di scuola.

Questo ha aperto al riconoscimento di sé come possibilità di entrare in contatto nuovamente con un’affettività rimasta del tutto oscurata dall’angoscia causata dal non rapporto che ha mortificato l’investimento affettivo della bambina sul mondo esterno obbligandola ad accecarsi per crescere e comunque diventare un’adulta.

La donna non è ancora parte attiva del cambiamento, non se lo riesce ad assumere come realtà ormai emersa e realizzata e consegna all’altro il rifiuto del portare a termine la dinamica di annullamento: è l’altro che, anche lui riconoscendola, se ne va, l’incontro sessuale cieco non può avere luogo ma è lei che si è sognata tutto questo e dovrà progressivamente riconoscere che è ed è stata partecipe quanto lo psicoterapeuta alla trasformazione, come le ho interpretato.

Nel sogno questo è rappresentato dal pensiero che avrebbe voluto comunque portare a termine l’atto sessuale per cui si erano incontrati: l’indifferenza dell’uomo che la supera e se ne va non è angosciante perché rappresenta proprio il superamento del rapporto che annulla e non vede l’altro, è separazione non abbandono.

La donna, la paziente, si sente ancora attratta dalla vecchia dinamica perché il rischio è che se il desiderio cieco non è svuotato i livelli di ansia e tensione interna salgano fino a esplodere nell’angoscia forte se non placata dalla scarica ma contemporaneamente elabora la consapevolezza che il disastro in realtà non accade.

L’allontanamento dell’uomo non è abbandono, come detto, ma è rifiuto di entrare in una dinamica conosciuta, messa in atto per anni e non più necessaria.

Durante il racconto del sogno, la paziente ne ricorda una parte che, a sua sensazione era antecedente a quella fino a ora descritta e nell’immagine la donna incontrava, sempre nel punto dell’appuntamento con lo sconosciuto della chat, un’altra donna che le ricordava me, lo psicoterapeuta, a sua volta accompagnata da una figura materna sconosciuta per la paziente, figura giovanile molto bella ed elegante, che scopriva nel momento in cui da figura di profilo si mostrava di fronte.

Quando prima parlavo di risorse relazionali che la paziente ritrova, è proprio la dimensione affettiva dello psicoterapeuta come contatto con il primo anno di vita, il materno, che permette al vuoto dell’assenza di rapporto senza appiglio, di essere sostituito dall’esperienza pre-anaffettiva che era vitalità della bambina verso il mondo esterno, la madre.

È proprio la riscoperta del contenuto della relazione, il primo anno di vita, il Potenziale Umano che si pone come base per l’identità più adulta, che permette alla donna nell’incontro con l’uomo, la trasformazione del volto da anonimo in un qualcosa di conosciuto, di affettivo e quindi di possibilità di rapporto.

Per trasformare il vuoto in bisogno come apertura alla fiducia di vedere ed esser visti senza frammentazione e angoscia, era necessario ritrovare il nucleo profondo dell’identità come affettività del primo anno di vita nel rapporto con la madre sana, proposta dalla relazione psicoterapeutica.

Questa base vitale dà significato alle dinamiche di separazione come possibilità di messa in crisi e crescita invece di perdita e senso di morte permettendo la definizione progressiva dell’identità matura del bambino/paziente che parte dal ritrovarsi nel proprio genere e prosegue con il confronto con il mondo tramite le relazioni.

Il percorso dinamico della paziente non è terminato poiché la visualizzazione dei bisogni come alternativa al non esserci del vuoto è una trasformazione rilevante che permette di lavorare sulle identificazioni che nel processo psicoterapeutico si risolveranno tramite la ricerca di risposte diverse da quelle appunto identificatorie, per definire un sé unitario come ritorno alla Fisiologia originaria della Relazione, prima dell’esperienza anaffettiva di vuoto.

La frammentazione e la conseguente non immagine di sé, nel sogno ha dato spazio al riconoscimento di un’identità più integrata che, legata ai bisogni, vincola la persona all’altra come sempre necessaria, ma la percezione è più solida è io-tu che dà contenimento, ben diverso dalla sensazione di dover tenere insieme tutti i pezzi da soli con l’angoscia di perdersi, cioè di impazzire.

L’ulteriore elaborazione della risposta psicoterapeutica porterà, con le dinamiche di separazione, l’immagine coesa di sé.

La paziente ha attivato un cambiamento rilevante in merito alla possibilità di affidamento all’altro, partendo dalla psicoterapia.

L’alleanza psicoterapeutica era passata attraverso la rappresentazione di me come l’adulto cui attingere strumenti da portare fuori nella vita relazionale e i risultati ottenuti si fondavano su questo presupposto che per lungo tempo è stata una grande dimostrazione profonda di fiducia.

Allo stesso tempo l’immagine dello psicoterapeuta come partecipante attivo alla relazione nella sua espressione affettiva di base, genuina, originaria, per questo materna nel dare ed essere a nudo nell’offrirsi alla relazione, era insostenibile perché rievocava le dinamiche precoce di frammentazione e perdita di sé.

Arrivare a utilizzare l’immagine onirica dello psicoterapeuta come femminile affettivo, associato a una madre bella, ha il significato di poter finalmente trovare un modo di pensare, con la fantasia inconscia, il rifiuto delle dinamiche cieche e oggettuali con l’altro, l’uomo adulto, e quindi di annullamento della realtà umana propria e altrui.

Il riconoscimento del volto che si trasforma in quello di un amico del passato evidenzia un contatto profondo con la vitalità del Potenziale Umano, di nuovo libero come alla nascita e disponibile alla relazione.

Nel sogno successivo la paziente era a una fermata dell’autobus e doveva ritornare verso la casa materna, si fa buio e l’autobus non passava finché non accosta una moto guidata da un uomo che la fa salire in sella.

La strada è buia e la moto ha fari spenti, la donna ha una lieve ansia ma l’uomo conosce la strada anche senza vedere bene la strada e la porta in una casa illuminata che non conosce e certamente non è quella dei suoi genitori.

L’immagine conferma che l’allontanamento dell’uomo del sogno precedente indicava il rifiuto della dinamica di annullamento dell’altro come rapporto sessuale oggettuale, scisso da qualsiasi forma di affettività separando e distinguendo rifiuto da abbandono.

La separazione da tali dinamiche che appariva alla donna come una delusione, seppur non dolorosa, ha aperto a una separazione ben più incisiva che è quella dalle dinamiche storiche familiari, l’uomo in moto che la porta in direzione opposta e contraria rispetto alla casa materna.

La strada è buia e senza fari ma lui sa dove andare: questa rappresentazione è l’opposto della cecità della coscienza e della ragione che proteggono il sentire umano, è quel vedere a occhi chiusi riconoscendo l’altro tramite l’intuizione, l’atto d’amore libero e spontaneo che caratterizza la relazione tra esseri umani.

La paziente trova, nel sogno, il rapporto adulto cui potersi affidare, che proviene dalla relazione psicoterapeutica che si è evoluta, e che, come provocazione interpretativa, dovrà trovare un’immagine in cui sarà lei spontaneamente a intuire la strada nel buio, per se stessa o per qualcuno che farà finalmente affidamento su di lei: è stata la proposta con cui ci siamo lasciati al termine della seduta in cui sono stati raccontati i due sogni.

La Ricerca in Psicoterapia come Narrazione, come proposto dal Centro di Psicoterapia di Roma, è anche questo, il racconto della realtà umana del paziente nelle sue dinamiche patologiche ma soprattutto nella loro trasformazione come ritrovamento della Fisiologia della Relazione ed espressione libera della fantasia inconscia, con i presupposti comuni che la stessa Fisiologia presenta e che la Cultura Psicoterapeutica dovrebbe raccontare come Ricerca.

Alcuni dei temi affrontati nel racconto di questi sogni e della loro interpretazione includono l’interpretazione dei sogni stessa, le dinamiche fusionali e di identificazione, le difese per angoscia e senso di vuoto, il Potenziale Umano e la ricerca come narrazione, rintracciabili di seguito:

https://www.mbpsicoterapia.it/la-ricerca-in-psicoterapia-come-narrazione-2/

https://www.mbpsicoterapia.it/differenze-tra-identificazione-primaria-e-secondaria-in-psicoterapia/

https://www.mbpsicoterapia.it/il-vuoto-non-si-riempie-si-trasforma/

https://www.mbpsicoterapia.it/dinamiche-fusionali-e-di-identificazione-in-psicoterapia/

https://www.mbpsicoterapia.it/la-corazza-e-il-nucleo-centrale-della-personalita-in-psicoterapia/

https://www.mbpsicoterapia.it/il-sogno-e-la-sua-interpretazione/

https://www.mbpsicoterapia.it/il-potenziale-umano-sintesi/

 

Michele Battuello