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Dinamiche anaffettive in Psicoterapia di Gruppo


Angoscia e senso di vuoto possono emergere durante la Psicoterapia di Gruppo.

Anche se i pazienti, durante gli incontri individuali di conoscenza e valutazione del lavoro psicoterapeutico adeguato alla specifica situazione, non presentano evidenti nuclei di esperienza storica, precoce, di rischio della frammentazione e perdita di sé che è vissuta con emozioni estreme riferite come “andare in pezzi”, “non trovare un appiglio in nulla”, “quasi di morire”, la profondità della relazione e le dinamiche attivate nel Gruppo, slatentizzano spesso queste emozioni solitamente molto difese, come già descritto per la Psicoterapia Individuale (https://www.mbpsicoterapia.it/la-corazza-e-il-nucleo-centrale-della-personalita-in-psicoterapia/).

I diversi pensieri teorici che motivano questa evenienza, fanno riferimento, nella maggior parte dei casi, a eventi di risonanza intra-gruppale, di dinamiche sovrapponibili che emergono da più pazienti e che porterebbero a un’attivazione potente dell’angoscia che in uno specifico momento prenderebbe forma nella vita del Gruppo.

In base alla mia esperienza, credo che questa è un’ipotesi plausibile ma, se i vissuti di anaffettività nelle relazioni precoci, coinvolgessero diversi partecipanti, con molta probabilità, durante gli incontri di valutazione, non sarebbero stati esplorati a sufficienza dallo psicoterapeuta o al contrario, si sarebbero inseriti nel Gruppo con consapevolezza ma questa ipotesi riguarderebbe allora Psicoterapie di Gruppo che si focalizzano su specifici disturbi come quelli conseguenti alla prevalenza del senso di vuoto e angoscia per l’appunto.

Le caratteristiche dei setting dei Gruppi che conduco non prevedono il lavoro su specifici quadri psicopatologici e/o malattie quadri clinici afferenti a determinate diagnosi, di conseguenza l’eventuale comparsa di vissuti di angoscia che coinvolgono l’intero clima del Gruppo include dinamiche reattive non all’emergere della psicopatologia bensì della fisiologia, il ritrovamento da parte dei pazienti del Potenziale Umano del bambino.

È sintetizzabile la prevalenza di due esperienze fondamentali ma diverse tra loro nella vita affettiva dei pazienti che sono il dolore e l’angoscia, laddove il dolore fa riferimento al rapporto con l’oggetto d’amore perduto, pertanto a dinamiche di identificazione e quadri psicopatologici afferenti allo spettro ansioso-depressivo mentre l’angoscia è il vissuto di assenza di rapporto affrontato con il tentativo di dinamiche fusionali e quadri psicopatologici dello spettro borderline o francamente psicotico in base alla pervasività e durata dell’esperienza stessa di morte https://www.mbpsicoterapia.it/dinamiche-fusionali-e-di-identificazione-in-psicoterapia/ .

In altrettanta macro-sintesi descrittiva, quando le dinamiche anaffettive e/o francamente traumatiche, dominano le relazioni e la vita stessa del paziente, non ritengo sia indicato un approccio psicoterapeutico interpretativo ma di supporto, mentre il lavoro di frustrazione delle dinamiche patologiche e riconoscimento delle risorse (condensato nell’attività di interpretazione) riguarda tutti i casi in cui l’angoscia è evitata e difesa da una personalità che mantiene un importante sottofondo vitale a prescindere dal quadro clinico e dalla sintomatologia.

In questo modo il vuoto può essere trasformato e non necessariamente solo riempito dalla stessa Psicoterapia https://www.mbpsicoterapia.it/il-vuoto-non-si-riempie-si-trasforma/ .

All’interno del Centro di Psicoterapia di Roma, il modello psicoterapeutico che utilizzo è un lavoro combinato che parte dalla Psicoterapia Individuale e prosegue con il Gruppo https://www.mbpsicoterapia.it/psicoterapia-combinata-individualegruppo-4/ e il tempo dedicato al lavoro duale si focalizza sulle iniziali elaborazioni delle dinamiche conseguenti, quando presenti, a esperienze di perdita di rapporto avvenute nei primi mesi di vita periodo in cui il bambino non poteva distinguere sé dal mondo esterno e pertanto la non risposta del genitore era percepita come perdita e frammentazione di sé.

Ancora una volta in grande sintesi la Psicoterapia Individuale è utilizzata per la trasformazioni di quelle che ho chiamato le identificazioni secondarie che fanno capo alle risorse affettive del bambino e poi del paziente interamente rivolte a difendere il nucleo vitale di sé a rischio di morte e perdita, tramite la costruzione di una personalità spesso efficace ma di certo imprigionata nel bisogno di evitare il contatto con l’esperienza annichilente https://www.mbpsicoterapia.it/differenze-tra-identificazione-primaria-e-secondaria-in-psicoterapia/ .

Quando accade, durante la Psicoterapia di Gruppo, che emerga un’immagine complessiva riferibile a un forte vissuto di angoscia, è frequente che sia conseguente all’avanzare della ritrovata possibilità di desiderio e piacere del Gruppo stesso.

Il lavoro che progressivamente conduce al superamento dei bisogni affettivi rimasti senza risposta e che sono confluiti, tramite identificazioni primarie, nell’immagine svalutata di sé, riapre il contatto con il Potenziale Umano libero e spontaneo del bambino che si trova, nell’adulto paziente, a potersi rimettere in gioco, senza i vincoli storici del bisogno di sentirsi amato e della ricerca incessante di una riposta dal mondo esterno https://www.mbpsicoterapia.it/il-potenziale-umano-sintesi/ .

Questa realtà realizzata, coscientemente corrisponde all’obiettivo di ogni paziente, perché coincide con l’uscita dalla psicopatologia, ma più profondamente, passa attraverso periodi di negazioni e rifiuti di diversa durata, associati al rischio, che si rappresenta come paura della delusione e del rifiuto.

I membri del Gruppo che hanno fatto esperienza di piacere/investimento del proprio Potenziale Umano sul mondo esterno associato ad assenza di rapporto precoce e pertanto percepita come perdita di sé, nel riconquistare la libertà di accesso ai vissuti piacevoli e la riapertura al desiderio, possono portare il Gruppo a uno stato alto di tensione che corrisponde alla paura di frammentazione.

All’interno di questa fase si susseguono situazioni differenti: da acting out a emozioni intense e contrastanti che si associano a pensieri coscienti sul significato del Gruppo, sulla perdita di clima e armonia, idee su ipotetiche regressioni e soprattutto l’utilizzo di fatti intra ed extra gruppali come oggetti di scarico delle tensioni.

Un evento esterno che apre una discussione comune, così come un movimento interno in cui è scelto inconsciamente il membro-capro espiatorio, diviene il parafulmine della tensione che, nella sua funzione riesce ad abbassare i livelli di angoscia, ma dall’altra lascia il Gruppo scarico e comunque irrisolto.

In poche sedute si osserva anche la riassegnazione o una nuova assegnazione, direi di emergenza, di ruoli tra i vari partecipanti, alla ricerca del genitore accudente e integrativo rispetto alla paura di frammentarsi che per alcuni si estrinseca anche con il ritorno di alcuni sintomi.

Affrontare e superare una crisi così strutturata deve tener conto della forza motrice della crisi stessa che si distingue in due sostanziali possibilità: o la slatentizzazione di esperienze non riconosciute ed espresse in precedenza, come l’angoscia di morte non rilevata nel periodo di Psicoterapia Individuale o, evento che incontro con maggiore frequenza, il contrasto con nuclei vitali potentemente emersi e proposti dal Gruppo.

L’intuizione dello psicoterapeuta rispetto alle due differenti realtà e la conseguente attività interpretativa condizionano in maniera rilevante l’andamento della Psicoterapia.

Il pensare a priori che la fase di frammentazione del Gruppo sia riconducibile a nuclei di vuoto emergenti come immagine della psicopatologia ancora in corso potrebbe agire una svalutazione e un attacco involontario alle risorse vitali che i pazienti stanno mettendo in gioco, riportando la vitalità toccata a coincidere ancora una volta con il senso di morte che hanno subito in periodi precoci della vita, rinforzando la coazione a ripetere del Gruppo stesso.

Al contrario riconoscere che quella in corso sia una risposta apparentemente paradossale ma in realtà possibile a un forte investimento affettivo del Gruppo nella relazione, cioè nell’alleanza psicoterapeutica, permette alla tensione e all’angoscia di non dover essere riempite o spostate a tutti i costi ma di poter essere trasformate in quello che andavano a proteggere: lo svincolo dell’affettività dal giogo identificatorio.

Il Gruppo sente allora che di quella tensione si può fidare perché non necessariamente è sottoposta all’emergere di forze distruttive ma al contrario è l’affettività che potentemente provoca reazioni estreme di difesa.

Una dicotomia apparentemente analoga è alla base dei conflitti nel processo psicoterapeutico fin dall’inizio: la coppia o il gruppo attivano dei nuclei vitali del paziente che reagisce con la difesa.

La sostanziale differenza è che nella funzione inevitabile di contenitore iniziale, all’interno del setting le dinamiche si presentano nel caos legato alla predominanza della psicopatologia che tiene le redini della personalità perché, mi riferisco sempre a vissuti associati ad angoscia, perdita di sé e vuoto, il compromesso esistenziale è che quel modo di essere, oltre i suoi aspetti di sofferenza, è anche quello che il paziente ha trovato come più efficace per stare al mondo.

La richiesta di stare meglio si scontra allora con la resistenza sottostante per non sperimentare di nuovo l’angoscia, anzi in molti casi il paziente permette l’accesso all’identificazione secondaria per migliorare inconsciamente la sua personalità difensiva come ho descritto altrove continuando a non esporre vissuti e di conseguenza dinamiche, che lo possano mettere in contatto con piacere e desiderio https://www.mbpsicoterapia.it/dinamiche-fusionali-e-di-identificazione-in-psicoterapia/ .

Quando il processo psicoterapeutico inizia a liberare il paziente dal vincolo dei bisogni e di conseguenza si esplorano le esperienze precoci di carenza affettiva proveniente dal rapporto con l’esterno, non più percepite come carenza costituzionale di sé, la Psicoterapia arriva al nucleo più profondo della persona, il vero sé che torna alla luce, alla vita.

Il passaggio è in alcuni casi repentino o in altri graduale, ma comunque libera il bambino bloccato nel suo processo maturativo dalla storica angoscia e così si ritrova a sperimentare i passaggi di crescita emotivo-affettiva che comprendono imprescindibilmente realizzazione ma anche messa in crisi, separazione da una realtà acquisita per raggiungerne una successiva e più matura.

Parlo di bambino come rappresentazione di quel lasciarsi andare spontaneo al rapporto con il mondo che è stato interrotto molto precocemente, ma in Psicoterapia ci troviamo davanti l’adulto che sperimenta il recupero dell’investimento affettivo del Potenziale Umano, nelle dinamiche e nelle relazioni adulte e la messa in crisi così come la messa in gioco è affrontata soprattutto all’inizio con la paura e l’incertezza.

Il linguaggio emotivo e relazionale usato in questi casi prende la forma delle storiche difese e modelli comportamentali attivati per proteggersi ma, anche se apparentemente il quadro psicopatologico sembrerebbe ripresentarsi nella sua magnitudo, in realtà il significato sottostante è tutt’altro poiché il paziente ha oramai dato spazio al piacere e al desiderio liberi.

Questo è il momento storico che accadeva nel Gruppo che ho descritto e confermo la rilevanza, al di là della fenomenologia, del significato dell’angoscia che ha messo in tensione e apparentemente a rischio il Gruppo stesso.

La forma deve essere distinta dal contenuto e, laddove questo è molto chiaro per tutti a parole, in realtà la prassi teorico-clinica spesso racconta che alcune personalità cui sottendono dinamiche seguenti a esperienze di assenza di rapporto nei primi mesi di vita, sono invece caratterizzate dai deficit costituzionali, ereditati che possono essere solo supportati e non curati.

Questo perché, come nel caso del Gruppo descritto, il quadro clinico si ripresenta potentemente anche a fronte di un importante lavoro psicoterapeutico come se non fosse risolto mentre invece il ritorno del malessere ha anche il significato del contatto con il piacere che ormai il paziente si può permettere, pur affrontandolo inizialmente con vecchi quadri comportamentali.

Se questo passaggio è interpretato come spesso succede come resistenza, regressione o ricomparsa del quadro clinico come da manuale, la coazione a ripetere rimarrà perfettamente intatta intrappolando però non solo il paziente ma anche lo Psicoterapeuta e portando all’irrigidimento di un pensiero di impossibilità di guarigione di alcune patologie ma solo di supporto alla persona, che nega la fisiologia della relazione e pertanto la realtà umana.