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La fragilità del presente se non si appartiene al passato in Psicoterapia e nella Cultura Contemporanea


Ogni mattina al risveglio ognuno di noi non è uguale al giorno precedente.

Non possiamo pensare che siamo identici nei comportamenti, negli affetti, nel corpo al passato prossimo o remoto che sia.

Allo stesso tempo la storia che abbiamo attraversato negli anni è il motore che spinge alla propensione in avanti dell’esistenza perché è racchiusa in tutte le senso percezioni che lasciano traccia nel nostro Sistema Nervoso ogni momento dalla nascita, selezionate inconsapevolmente in base agli effetti emotivi che ci hanno dato e andando così a costituire prima e a integrare poi la personalità di ognuno di noi.

Inconsciamente colpisce un colore piuttosto che un altro, infastidisce un odore, si forma un pensiero politico, nasce la passione per una donna, si costruisce l’interesse per un’attività lavorativa, si soffre per quella perdita e meno per un’altra e, senza dilungarmi, si attiva l’identità di ogni essere umano che ha la caratteristica formidabile di essere inimitabile e irripetibile per la capacità di cogliere e fare proprie le esperienze, in forme completamente diverse tra le persone.

I ricordi e le associazioni coscienti con esperienze del passato, sono parte di questa identità dinamica ma più circoscritti rispetto all’insieme di tracce inconsce che si attivano istante dopo istante e che danno forma al pensiero su se stessi e sugli altri e la consapevolezza di essere presenti nel momento attuale e di appartenere a una storia personale, fondamentale per l’aderenza all’oggi.

La conferma è dimostrata dalla Medicina quando per alterazioni neurologiche e quindi organiche, o psichiche e quindi emotivo-relazionali, sono alterate le aree della memoria e la possibilità di accesso ai ricordi e alle emozioni dei ricordi, si originano gravi patologie correlate alla dispersione fino alla perdita completa dell’identità della persona.

La conferma più inconsapevole ma non per questo meno vera, l’ha sempre data anche la Storia che da millenni ha visto i popoli di qualsiasi provenienza aderire potentemente alle tradizioni, alle usanze, alle esperienze pregresse come fondamenta di ogni raggruppamento umano che in questo modo hanno dato vita alle diverse civiltà.

Il passato è imprescindibile in Psicoterapia se si pensa che l’obiettivo sia di restituire al paziente un senso di appartenenza alla propria identità e grazie a questo di potersi collegare alla storia personale, risolvendo le interruzioni, sempre parziali , di contatto con il tempo interno individuale (https://www.mbpsicoterapia.it/tempo-inconscio-nei-sogni/ ), strutturate dai meccanismi di difesa necessari a evitare di rivivere esperienze particolarmente dolorose se non traumatiche.

Il vantaggio delle difese è che permettono il più possibile all’individuo di proseguire l’esistenza, lo svantaggio è che il compromesso necessario per mantenere una sorta di equilibrio è origine di disagio, sofferenza e psicopatologia alcune volte di forte impatto sulla qualità di vita perché contrario alla natura dell’essere umano e alla spontanea espressione del suo Potenziale (https://www.mbpsicoterapia.it/il-potenziale-umano-sintesi/ ).

È un processo per alcuni aspetti paragonabile alla risposta immunitaria: è necessaria per proteggere l’organismo dagli agenti patogeni esterni ma alcune volte attiva reazioni lesive di alcuni sistemi tra cui quelli vitali dell’organismo stesso.

La società contemporanea vive una fase in cui l’oggi, il presente immediato, è l’unica realtà (apparentemente) vera cui fare riferimento.

Informazioni, immagini, pensieri, fatti circolano ad alta velocità e in quantità enorme non permettendo una vera acquisizione della singola esperienza perché non trova il tempo di diventare qualcosa di trattenibile e quindi di utilizzabile nella continua formazione ed evoluzione della personalità individuale.

Entrare in contatto è difficile o impossibile e come conseguenza nascono il dubbio, la fatica nel confrontarsi con gli altri, spesso la paura e infine l’incertezza esistenziale che spingono al rifugiarsi di continuo nel nuovo presente che permette così di fuggire in un oggi che elimina lo ieri.

Quantità e velocità annullano l’appartenenza alla storia e pertanto alla propria identità che rimane lesionata, perdendo il radicamento culturale e causando l’aumento del disagio emotivo e anche dell’insorgenza di psicopatologia.

È difficile trovare idee, passioni, convinzioni, immagini che possano essere vissute come proprie se sono sostituite o si sommano a numerose altre spesso completamente diverse e, aggiungo a quantità e velocità, se provengono da luoghi, spazi, lontani da dove la persona risiede, grazie alla rete, per cui si perdono anche l’interesse e il significato della propria terra, a partire dal quartiere, allargandosi al paese o città, fino alla nazione.

È il vantaggio di un mondo per molti aspetti più unito e in comunicazione ma per altri più solitario, rinchiuso nelle individualità sottoposte, alcune, a un agonismo lacerante tra necessità di inseguire il flusso e bisogno di fermarsi per respirare e permettere al presente di diventare passato, entrando in contatto, sentendo, riflettendo, ascoltando gli stimoli e facendoli proprio in modo tale che domani siano parte integrante dell’identità perché trattenuti e non persi.

La Psicoterapia spesso utilizza la Cultura contemporanea e ne cavalca l’onda, adeguandosi ai modelli sociali proposti proponendo strategie di intervento ultra veloci, focalizzate unicamente sul qui e ora e sul sintomo, contattando numerosi pazienti, che prendono il nome di utenti, da remoto, proponendosi in diretta sui social, toccando il più ampio spettro di argomenti possibili, confondendo e confondendosi.

In questo modo la Psicoterapia perde la sua storia e con essa la sua identità: entra nella spirale della quantità, della velocità, degli spazi quasi senza confini e così deve per forza dividersi in piccoli sottogruppi, isolarsi, frammentarsi e nel suo significato e scopo originario, perdersi e con essa, purtroppo, molte volte, i pazienti.

Non è pessimismo ma realismo: la psicopatologia è in aumento, così come il disagio sociale, giovanile, di genere, di etnia, di religione e non c’entra solo la pandemia da Covid perché il processo è in corso da ben prima l’arrivo del virus; contemporaneamente aumentano anche il numero di psicoterapeuti abilitati e le proposte e le offerte di cura ma anche tante sottospecie di approccio all’ascolto e aiuto della persona.

I pazienti sempre più si presentano a un primo colloquio che hanno già intrapreso percorsi di diverso genere, farmacologici o psicoterapeutici e hanno ancora bisogno di aiuto.

A livello più esteso, nonostante la mole di informazioni circolanti, il pensiero, la conoscenza di chi sia lo psicoterapeuta, di cosa sia la Psicoterapia è ancora più vago o sconosciuto rispetto al passato: è necessario pertanto interrogarsi a fondo su quale messaggio realmente la Psicoterapia stia comunicando al mondo contemporaneo.

La Psicoterapia perde la relazione con se stessa perché non entra in contatto con la sua storia e con le persone che appartengono alla sua storia e al suo presente.

Il passato se non è esplicitamente rinnegato è stravolto nelle nuove rappresentazioni e la Ricerca è paralizzata nell’involuzione dentro piccoli sottogruppi omogenei e serrati nelle loro stanze che dialogano tra loro in apparenza, ma in evidenza si sottraggono dal confronto, dalla comprensione e dalla crescita.

Gli orientamenti o i colleghi che sono molti e che non si ritrovano nel lavoro che insegue unicamente il presente convulsivo e compulsivo hanno comunque la responsabilità spesso di sentirsi non allineati all’approccio esistenziale contemporaneo ma di rinchiudersi comunque nell’insindacabile fortezza delle proprie credenze che rende la Psicoterapia ancora più alienata da se stessa.

Le porte vanno aperte, i muri abbattuti, il confronto con le diversità favorito e sostenuto e l’oggi deve per forza trovare il modo per aderire alla sua Storia.

Il fulcro dell’appartenenza è che ogni paziente entra nella stanza, qualsiasi sia l’approccio, con il suo corpo che è la sua Storia con cui è ed è entrato in relazione e che quella relazione deve ritrovare, separandola dalle difese che ha dovuto strutturare per evitare il più possibile la sofferenza.

A maggior ragione per contrastare un modello culturale che tende ad annullare il passato o fare finta che sia superabile e di poca rilevanza, la Psicoterapia, ha anche il compito civico di proporre quantità, velocità e spazi diversi da quelli attuali.

La quantità perde potere rispetto alla qualità dei contenuti, la velocità è specifica della coppia psicoterapeutica ma certo non tesa all’accelerazione, lo spazio è fisico, protetto, tridimensionale.

La comunicazione divulgativa della Cultura Psicoterapeutica (https://www.mbpsicoterapia.it/il-potenziale-umano-sintesi/ ) è sempre di allarme sul mondo esterno che in maniera spesso eccessiva, è descritto come soggiogante la persona, ma raramente se non mai, in sana autocritica e riflessione sullo stato della funzione e missione della Psicoterapia.

 

Michele Battuello