Blog
Blog

Interpretazione delle Dinamiche Inconsce in Psicoterapia

La Psicoterapia che affronta le dinamiche inconsce, utilizzando anche i sogni come strumento di cura, deve separare l’interpretazione delle esperienze e dei vissuti relazionali propri del paziente dalle relazioni esterne al setting, per evitare che l’interpretazione diventi un giudizio sui rapporti, e in generale sulle persone vicine al paziente stesso.

Numerosi termini sono usati durante la seduta psicoterapeutica come canale comunicativo cosciente del processo di incontro, riconoscimento e intuizione dell’altro e pertanto le parole dette sottendono la qualità relazionale del loro significato più che il concetto espresso.

Per dinamica inconscia, nella mia esperienza clinica, intendo l’osservazione di un movimento, nelle immagini dei sogni o nella relazione psicoterapeutica, che fa capo a un vissuto storico e/o presente del paziente, rispetto al quale ha trovato una forma di rapporto con se stesso o con il mondo esterno.

La dinamica inconscia può essere psicopatologica rappresentando l’adattamento migliore, seppur disfunzionale e sintomatologico, che la persona ha inconsapevolmente costruito per sopperire a esperienze relazionali, di solito precoci, causa di sofferenza.

Una dinamica come l’identificazione con il genitore ad esempio, è un compromesso evolutivo tra l’espressione libera del Potenziale Umano del bambino e la negazione di questo dovuta al non riconoscimento del genitore: identificandosi il bambino e poi l’adulto hanno trovato un modo per crescere e rapportarsi con il mondo, altrimenti molto complesso e rischioso, pagando il prezzo della scarsa autostima, della poca autonomia affettiva e della difficile distinzione tra Sé e l’altro ( https://www.mbpsicoterapia.it/sullidentificazione/ ).

L’adolescente inizia a costruire in questo modo dei meccanismi di difesa che fanno spesso leva su di un forte utilizzo del pensiero cosciente come strumento interpretativo della vita emotiva e relazionale che è così sottomessa al controllo, alla razionalizzazione e alla comprensione del visibile.

Le dinamiche inconsce disfunzionali non sono mai totalizzanti, perché qualsiasi persona, compreso il paziente complesso psichiatrico, non è identificabile con la sua malattia ma questa rappresenta solo una parte, seppur importante e spesso invasiva, dell’espressione di Sé e questo è confermato, nei sogni e nella relazione psicoterapeutica, dalla presenza di immagini e qualità affettive vitali anche se talvolta nascoste, poco espresse o del tutto negate: sono le dinamiche sane.

Il paziente è sopraffatto dal malessere, dai sintomi, dai pensieri, dalle incertezze e paure relazionali e di conseguenza, focalizza gran parte della sua attenzione a ciò che lo fa stare male, al modo di affrontare le difficoltà, all’interesse nel trovare una soluzione ma non è mai sostituito dalla sua psicopatologia: l’obiettivo della Psicoterapia è proprio di permettere nuovamente alle dinamiche sane di essere sensazione prevalente di Sé come colonna portante della propria identità.

Durante la Psicoterapia, sono interpretate le dinamiche inconsce oniriche e quelle relazionali tra paziente e psicoterapeuta.

Le interazioni con il mondo esterno, i rapporti con gli altri, entrano nel setting nei racconti ma non possono essere interpretate ma utilizzate per proporre ipotesi, avere conferme, riflettere su quanto emerge in Psicoterapia e fare dei nessi con la personalità del paziente.

Le parole che sono espresse con l’interpretazione e che sono solo il canale verbale del passaggio interpretativo che è maggiormente non verbale come in tutte le relazioni, rappresentano talvolta un’arma a doppio taglio della relazione psicoterapeutica se uno o entrambi i membri, paziente e psicoterapeuta, si identificano con il razionale cosciente dell’interpretazione.

Così uno spiega e l’altro apprende ma il tutto rimane unicamente su un piano cognitivo intellettuale e il rischio è che il paziente utilizzi quello che ha capito come strumento a sua volta di interpretazione del mondo esterno realizzando tutto fuorché un processo di cura.

Se lo psicoterapeuta non si rende conto che è in corso un movimento del genere, il paziente attiva un’aggressione verso il mondo esterno e le relazioni, gestendo il potere intellettuale del significato espresso all’interno del setting, come concetto acquisito e spendibile.

Spesso il paziente si è percepito e rappresentato come vittima, come persona non in grado di, non all’altezza e molto altro e, con una difesa intellettuale legata alla comprensione psicoterapeutica, può incarnare la posizione opposta, gestendo il potere di quello che ha capito con il rischio di giudicare, osservando e criticando le dinamiche relazionali esterne e quindi interpretando gli altri.

Le conseguenze sono il passaggio di posizione gerarchica nei rapporti e in generale l’isolamento per rifiuto di tutto quello che è considerato inadeguato all’identità che ha riacquisito con la Psicoterapia, costruendo una nuova realtà distorta di Sé.

Dove, da una parte, è comprensibile che si possa manifestare un periodo di rivendicazione del paziente rispetto ai rapporti importanti che lo circondano, dall’altra questo passaggio deve essere sempre osservato dallo psicoterapeuta perché non rappresenti un’intellettualizzazione del processo di cura e quindi un meccanismo di difesa rispetto al materiale in elaborazione in Psicoterapia.

L’interpretazione invece è un atto che avviene con tutto il corpo del paziente che racconta il sogno, quindi non solo le parole del sogno, e dello psicoterapeuta che restituisce un significato affettivo del sogno, non solo la verbalizzazione interpretativa, e l’azione trasformativa e di cura è legata al riconoscimento della realtà umana del paziente, tramite risposte intuitive libere da proiezioni, da identificazioni o in generale da bisogni onnipotenti dello psicoterapeuta stesso.

Se un paziente ad esempio sogna che non riesce a raggiungere la ragazza che ama, che vede in lontananza e prova a inseguire, portandosi accanto la madre, l’interpretazione è rivolta a una dinamica identificatoria per cui il bisogno di riconoscimento e l’introiezione dell’immagine stessa della madre, non hanno permesso una possibilità libera e spontanea di vivere i rapporti adulti.

È quindi interpretata la dinamica inconscia come un vissuto storico di esperienza affettiva con la madre che ha vincolato il bambino al sentirsi non pienamente distinto e separato dal genitore nel suo sviluppo e l’adulto, il paziente, a ricercare nei rapporti importanti degli schemi relazionali strutturati sul bisogno dell’altro, sulla necessità continua di riconoscimento o sulla svalutazione, non permettendo un investimento affettivo libero.

L’interpretazione spesso è riconducibile a esperienze che il paziente ritrova nel suo comportamento, nella relazione con la madre e di conseguenza con gli adulti ma né paziente né psicoterapeuta possono a quel punto interpretare la persona/madre o la persona/compagna perché comporterebbe uno spostamento inefficace su un piano di giudizio, trasformando un movimento affettivo (dinamica) seppur disfunzionale, in un concetto.

Così come il paziente non è rappresentato dalla sua malattia o dalle sue problematiche, con cui spesso invece si identifica, così la relazione sognata e le esperienze da essa provenienti, non sono rappresentazione unica della madre o della partner.

È inequivocabile ed evidente in molti casi che ci siano stati e possano essere ancora in corso, dei processi di svalutazione, negazione o proiezione dei genitori sui figli che hanno causato il bisogno di strutturare dei meccanismi di difesa ma compito della Psicoterapia è di interpretare le dinamiche che emergono come i vissuti conseguenti al rapporto con il genitore e non la persona genitore.

La rabbia che emerge nel lavoro con queste esperienze è tollerata e metabolizzata nel setting, non ha necessità di essere espulsa verso l’esterno in particolar modo verso le persone coinvolte nelle dinamiche affrontate o, quando questo avviene, deve essere restituito al paziente come reazione temporanea comprensibile ma non definitiva né funzionale alla cura.

È la capacità di risposta della relazione psicoterapeutica, compresa l’interpretazione dei sogni, che permette tramite intuizione e riconoscimento dell’altro il contatto con le esperienze valide, efficaci e vitali della storia del paziente che si liberano dal vincolo castrante delle dinamiche identificatorie e ritrovano una possibilità espressiva spontanea.

Tornando all’esempio del sogno dell’inseguimento vano della ragazza amata, il paziente nei sogni successivi si accorge che, in quella lunga strada, compare improvvisamente sul ciglio, una piccola scatola con delle lettere e il paziente, incuriosito si ferma a leggerle e si emoziona perché sono di uno scrittore che ha sempre apprezzato.

Quando termina la lettura che lo ha assorbito pienamente, la scena cambia e si ritrova in una casa che non conosce, nuova e accogliente, si siede sul divano guardando il camino e ha la sensazione che una donna lo verrà a trovare.

È un passaggio semplice nella narrazione ma fondamentale, di possibilità alternativa all’identificazione con il genitore rappresentata dal contattare esperienze storicamente piacevoli che sono la risorsa per separarsi dalle dinamiche vincolanti al bisogno della presenza dell’altro per mantenere la propria identità.

In questo modo inizia a prendere forma un’immagine autonoma, distinta e separata dalla madre, alla base dell’indipendenza relazionale, intesa come attivazione spontanea e libera di investimento affettivo sul mondo e pertanto di cura come ritrovamento del Potenziale Umano della nascita ( https://www.mbpsicoterapia.it/il-potenziale-umano-sintesi/ ).

 

Michele Battuello