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Temi Sociali e Culturali in Psicoterapia: Rilevanza della Coppia


Gli ultimi anni vedono protagonisti, in Psicoterapia e pertanto nei rapporti umani, la prevalenza e il rafforzarsi della relazione duale, di coppia.

A fronte dell’affermarsi di culture e società ben più aperte rispetto al secolo scorso, l’intimità delle persone sembra costringersi più tenacemente in una cerchia stretta.


Possono sembrare rilevazioni discordanti e contradditorie ma per la mia esperienza nel setting, sono in continuità tra di loro.

I passi avanti sul piano concreto e fattuale evidenziano scambi interumani aumentati in maniera esponenziale, i viaggi, il web, la libertà sessuale, la convivenza, gli studi e le esperienze professionali all’estero, la Comunità Europea, per citare solo alcuni macro-eventi che confermano che il mondo sociale è costituito oggi da reti di contatti enormi, non confrontabili con il passato.

Sul piano profondo, che per me significa sul piano di vere possibilità relazionali, invece il quadro sembra essere più involutivo.

L’esterno tanto ampio da esplorare è compensato da un ritiro nella dualità, nella focalizzazione sul partner.

È come se il grande volo spiccato dal singolo sia permesso solo grazie alla certezza del ritorno a casa, la famiglia, la coppia.

In Psicoterapia i pensieri, i vissuti emotivi, i sogni sono molto centralizzati sui partner come se il fuori “altro” fosse di scarsa rilevanza nonostante la sua ingente presenza.

Mi riferisco a osservazioni delle fasi avanzate del processo psicoterapeutico quando cioè le dinamiche duali che fanno capo all’identificazione storica con il genitore, con il partner poi e infine rielaborate nella coppia psicoterapeutica, sono superate nei loro nodi cruciali e pertanto la necessità di fare riferimento a una sola figura, è risolta.

Il paziente ritrova un’identità, un senso di appartenenza, una capacità vera e libera di stare nel sociale ma tale recupero è utilizzato in larga parte per il due, e poco spazio è dato all’interazione con gli altri che è invece alla base della nostra capacità relazionale peculiare di esseri umani.

È l’apertura verso il “noi” che è il motore del mantenersi e del progredire delle civiltà, delle culture e della conoscenza.

Allo stesso tempo la società contemporanea propone un’immagine diversa della coppia, emancipata dall’essere solo marito e moglie, si osservano rappresentazioni apparentemente evolute come convivenze, coppie di fatto di diverso orientamento, maggiore confidenza con la sessualità, rapporti con grandi differenze di età tra i partner e la coppia in senso classico è oramai desueta ma in realtà sembra essere più un ammodernamento della forma che del contenuto.

In sé questi cambiamenti sono importanti quando contengono la realizzazione da parte dell’individuo e della cultura che non è necessario rimanere imbrigliati in schemi formali che non corrispondono ai desideri soggettivi ma diversa è la situazione per cui invece libertà è un mascheramento di impossibilità di sfuggire all’identificazione con l’altro.

Quando l’essere è identità-della-persona e non identificazione-con-la-persona, si sono consolidate delle basi affettive che hanno permesso all’individuo di sentirsi progressivamente distinto e separato dall’altro, il genitore, per cui il processo evolutivo che porta all’età adulta prosegue nelle continue esperienze di separazione da certezze acquisite e ricerca e confronto con nuove possibilità.

Il genitore che riesce a offrire una risposta e una presenza affettiva al bambino tramite la relazione che include anche il vivere le separazioni dal proprio figlio senza angoscia, permette di costruire un senso di appartenenza e di certezza di Sé che andranno a costituire le radici dell’identità come essere nel mondo.

Tra le innumerevoli rappresentazioni dell’adulto una delle più rilevanti è senza dubbio il rapporto di coppia e spazio e tempo sono spesi nel dedicarsi a questa forma di amore ma diverso è vivere in funzione dell’altro o dell’altra.

Quello che mi capita di osservare è la necessità che ci sia una coppia sempre e comunque e, come accennavo prima, lo sperimento nelle fasi avanzate della Psicoterapia, condizione che fa pensare più a una situazione socio-culturale contemporanea che a un problema di identificazione, intesa come dinamica psicopatologica originata dal rapporto con i genitori.

La riflessione conduce alla discrepanza tra richieste esterne e dinamiche interne dell’essere umano.

L’ambiente circostante propone ma in alcuni casi si può anche ammettere che “ordina” di sapersi relazionare, con velocità e performance, a svariate situazioni, pensiamo agli adolescenti che sono immersi in numerose attività extra scolastiche sport, arte, teatro, musica e altro con cui si devono confrontare sia come esperienza di essere in grado di svolgere quell’attività, sia come esperienza relazionale con gruppi diversi ed eterogenei. Questo si integra oltretutto con i tantissimi contatti tramite il web, social in particolare che, oltre a essere fonte di stimoli infiniti e senza controllo, sono caratterizzati da interazioni senza filtri, senza regole comunicative poiché lo schermo e la distanza proteggono dal vero confronto.

È sufficiente questa breve sintesi per rendersi conto che arrivare all’adolescenza e subito dopo all’età adulta dovendo rispondere, affrontare, anzi, fronteggiare, tutti questi stimoli relazionali e pseudo-relazionali, richiederebbe una struttura dell’identità del ragazzo già definita, in grado di affrontare il rifiuto, la critica, il coinvolgimento amoroso e sessuale, capace di poter distinguere cosa può essere interiorizzato e cosa allontanato senza il rischio di confondersi; il tutto a un’altissima velocità.

Dove questo da una parte non è possibile perché contrario alla fisiologia evolutiva caratterizzata dalla progressiva costruzione di un senso di Sé non ancora in grado di fronteggiare la mole di stimoli offerta, dall’altra in qualche modo l’adolescente cerca di trovare una sua strada in questo caos e incontra il diventare adulto che richiede altrettanto e di più.

Le conseguenze più rilevanti sono rapporti emotivamente superficiali perché viene toccata un’esperienza, non si fa a tempo a viverla, ne arrivano subito un’altra e un’altra ancora e con esse l’impossibilità di sentire il passato come un senso di Sé a cui poter aderire con il rischio della progressiva perdita della percezione del tempo interno che causa smarrimento, confusione e incertezza identitaria (https://www.mbpsicoterapia.it/tempo-inconscio-nei-sogni/ ).

In sostanza si trova una forma da presentare esternamente che cerca di includere l’immagine potenziata sui numerosi piani relazionali ma allo stesso tempo ci si protegge nella certezza della coppia che torna a rappresentare uno spazio protetto e sicuro e come tale va preservato a tutti i costi perché unica possibilità di sperimentare un’affettività più profonda e vera, soprattutto rassicurante.

Il rapporto con gli altri, al contrario, è quantitativamente molto presente ma in termini di qualità è effimero e caricato di poca fiducia e dubbi, portando la persona lontana dall’essere sociale, specificità della nostra natura di esseri umani rivolta allo scambio, approfondimento e crescita con il mondo e non solo con il singolo.

L’oggi incontra anche un allora degli anni ‘80 e ‘90, anni di nascita della gran parte della popolazione attuale e socialmente attiva, che hanno proposto una forte identificazione culturale con l’emancipazione e la rinascita del singolo, forse anche come conseguenza del ’68, portando a un minore interesse per la forza della collettività e dando rilevanza al potere del presente volendo superare il passato.

L’adulto di quegli anni si ritrova a tentare di mantenere in equilibrio quell’individualismo che lo ha accompagnato nella crescita e i suoi figli, adulti anch’essi al giorno d’oggi, a fronteggiare la forte spinta verso l’esterno poggiandosi su basi relazionali deboli che provengono dal rapporto con i genitori.

È comprensibile quindi come le restrizioni alla vita quotidiana causate dall’epidemia da Covid-19 abbiano portato a osservare agli estremi della curva delle possibili reazioni sia l’uomo ipercinetico e iper-relazionale frustrato, imprigionato e incapace di stare nelle sue relazioni intime sia l’uomo che ha sentito la chiusura come un modo per rannicchiarsi e proteggersi all’interno della casa e dei rapporti stretti e da cui difficilmente si vuole separare.

La Psicoterapia contemporanea dal suo canto, insegue negli ultimi anni questi modelli sociali proponendo spesso protocolli veloci, rivolti all’obiettivo specifico, che vogliono considerare il meno possibile il passato perché devono offrire il risultato visibile nel minor tempo e con un’apparente efficacia immediata.

L’essere umano persevera così nel tentare di agganciarsi al presente in cui l’oggi già non appartiene più al domani e per cui ci si focalizza sempre su un aspetto performante anche e soprattutto in ambito relazionale e così il paziente diventa inevitabilmente cliente perché vuole e gli viene dato un prodotto acquistabile, utilizzabile e fruibile su richiesta.

Non critico a priori un approccio alla relazione psicoterapeutica impostata in questo modo ma, come molti altri colleghi, nel Centro di Psicoterapia di Roma mi occupo al contrario di un lavoro sull’essere umano più ampio e soprattutto che dia il tempo anche di soffermarsi sul significato del sociale.

Nel metodo se da una parte il processo psicoterapeutico si basa sull’interpretazione delle dinamiche duali come identificazione con il genitore nel passato e proiettate nelle relazioni di coppia nell’adulto e nel presente (https://www.mbpsicoterapia.it/psicoterapia-combinata-individualegruppo-1/ ), dall’altra il ritrovare il duale dopo la trasformazione di tali dinamiche implica una ricerca inconscia più che un’interpretazione vera e propria.

Non ritrovando più dinamiche patologiche nella relazione e nei sogni, l’ultimo periodo della Psicoterapia è dedicato al soffermarsi sul significato della propria identità nel mondo e con esso la rilevanza degli altri, spostandosi quindi dal piano personale a quello sociale e culturale.

Affronto questi passaggi sia nella Psicoterapia Individuale ma anche e soprattutto in quella di Gruppo che rappresenta uno spazio esperienziale incentrato sulle dinamiche con gli altri: il risultato è che il paziente riacquisisce un senso di Sé nel tempo non solo nel suo storico personale ma anche collettivo, rientrando in contatto con il contenuto affettivo delle esperienze sociali di bambino, adolescente e adulto.

Questo tipo di introspezione e di recupero di esperienze, permette di trovare un senso di appartenenza al desiderio di vivere il rapporto con il mondo esterno con una qualità di ricerca interumana diversa che riassumo con il volersi “soffermare”.

Sicuramente è una Psicoterapia di durata maggiore di altre descritte prima ma mi accorgo con i pazienti che la vera scoperta, oltre la riacquisizione di un benessere e di una qualità di vita migliori, è la curiosità per gli altri e di conseguenza l’attivazione di un diverso investimento affettivo sul mondo esterno.

Questo passaggio non solo rende il paziente/persona maggiormente integrato nella sua identità ma relazione dopo relazione, anno dopo anno, porta un messaggio socio-culturale diverso realizzando pienamente il suo essere nel mondo.

In maniera altrettanto potente, questo soffermarsi sul senso della collettività, viene proposto nei Gruppi di Formazione, soprattutto in Psicoterapia (https://www.mbpsicoterapia.it/ancora-sulla-formazione-dello-psicoterapeuta/ ).

 

Michele Battuello