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Riflessioni sulle basi della Psicoterapia

Sono convinto che sia necessario raccontare una base comune al lavoro psicoterapeutico che parta dalla consapevolezza di alcuni punti imprescindibili per tutti e che consenta di riuscire finalmente a parlare un’unica lingua che rappresenta la possibilità di un vero riconoscimento della professione.

Il primo fondamentale è che la psicoterapia nasce da un rapporto che si crea tra due o più persone nel caso si tratti di lavoro individuale, familiare, di coppia o gruppale.

 

È una realtà ben conosciuta ma che ha dei presupposti spesso diversi e non raramente contrastanti, mentre credo che abbia delle caratteristiche semplici e assimilabili tra loro, perché riguarda un processo che mette in atto una delle capacità specie-specifiche degli esseri umani che è quella di entrare in relazione.

Si parla pertanto di fisiologia della relazione poiché riguarda un funzionamento originario, in nulla dissimile dalla fisiologia degli organi, sistemi e apparati del nostro organismo.
L’essere umano nasce sano e così come ha un cuore con un preciso funzionamento, ben descritto e studiato, ha anche una fisiologia relazionale precisa e conoscibile.
Possiamo cominciare adesso a parlare di relazione psicoterapeutica.
Il rapporto è tra un professionista e un paziente, una persona che non sta bene e vuole affrontare per risolverla, la sua sofferenza emotiva.
Per l’instaurarsi dell’alleanza terapeutica, il nome che viene dato all’intesa che si crea all’interno del setting e che permette di iniziare e portare avanti il lavoro, lo psicoterapeuta propone spontaneamente una Simmetria di rapporto cioè il riconoscimento prima dell’essere umano poi del paziente.

Questo aspetto è stato raramente affrontato perché la partenza è sempre la descrizione dell’Asimmetria di rapporto tra il professionista e quindi il suo ruolo e la persona che chiede aiuto che ha un altro ruolo, subordinato.
All’interno della psicoterapia è fondamentale il riconoscimento di questo passo iniziale di annullamento dei ruoli per proporre un rapporto che abbia i presupposti della fisiologia della relazione.
Come avviene in ogni istante della nostra vita in cui entriamo in relazione, chi si incontra sono due esseri umani uguali.
Sono uguali nella loro identità di base originaria.
Il paziente che ci racconta e ci fa capire con la sintomatologia, la personalità, il pensiero e il corpo che qualcosa non sta più funzionando della sua capacità relazionale, ha già attivato la parte sana e pertanto fisiologica comunque presente a dispetto del malessere spesso imponente.
Lo psicoterapeuta deve immediatamente riconoscere questo atto sano di poter costruire un rapporto.

Se invece come spesso accade, si sofferma e concentra unicamente sulla psicopatologia, rischia di perdere la possibilità di vera cura.
Solo attraverso questo iniziale e primario atto di riconoscimento allora possono esistere i ruoli che rappresentano il diverso obiettivo delle persone in gioco nella relazione, lo psicoterapeuta intenzionato a curare, il paziente interessato a ritrovare il benessere, ruoli completamente diversi e lontani dalla gestione di un potere l’uno sull’altro.
La fisiologia è la materia del nostro essere e della nostra identità che nel vero unicum mente corpo è reale, concreta e imprescindibile.
Proprio la possibilità di ripristinare una fisiologia che è esistita e in parte ancora si attiva ci permette la cura.

Curare significa riportare alla funzionalità primaria, che tranne per le malattie congenite di cui non fanno parte i disturbi mentali, è sana.
Proprio come un batterio innesca una risposta difensiva dell’organismo per proteggere la parte (l’organo) che è stato attaccato, così il paziente che arriva in psicoterapia ha attivato dei meccanismi di difesa rispetto alla relazione che non gli riconosceva l’affetto adeguato, facendolo ammalare.
La psicoterapia partendo dalla fisiologia del setting, l’incontro tra due esseri umani che si riconoscono, può affrontare la patologia per ripristinare la fisiologia del singolo o del gruppo, il/i pazienti.
Aggiungo come punto cruciale che il riconoscimento del processo di base della relazione e dello sviluppo dell’essere umano deve essere affrontato dallo psicoterapeuta su se stesso e applicato allo studente durante la formazione specialistica.

Il compito di ritrovare un senso di sé genuino e spontaneo equivalente alla fisiologia deve essere un obiettivo etico primario della persona psicoterapeuta e dell’istituzione che lo forma.
La medicina è il ramo delle scienze umane che prendo come riferimento per descrivere la lingua comune della psicoterapia non per affermare il primato di una scienza su un’altra ma perché fin dalla sua origine la medicina si è occupata di fisiologia e patologia e a maggior ragione lo possiamo affermare oggi anche per la salute mentale proprio per l’unicum mente corpo.
Per questo ritorno al discorso iniziale sulla necessità di un linguaggio comune di base per la psicoterapia, perché la terapia della relazione con la relazione è efficace, funziona nel momento in cui tra colleghi iniziamo a metterci d’accordo sulla rilevanza da dare alla più evidente, vera e certa realtà, quella della fisiologia, ripeto, come espressione del funzionamento dell’essere umano fin dalla nascita.
Proseguo poco oltre per spendere qualche pensiero sulla necessità di fare chiarezza sulle decine di orientamenti psicoterapeutici esistenti, presenti, passati e di sicuro anche futuri.

Quello che ne consegue è una frammentazione del pensiero sull’essere umano, creando prospettive per la sua osservazione così diverse da non poter risalire a un’idea comune che ci dia l’immagine di come siamo e come funzioniamo dal primo giorno di vita.
Il pensiero sulla cura rischia di diventare scisso e i pazienti subiscono inconsapevolmente le conseguenze di questa incoerenza culturale durante il percorso psicoterapeutico.
Si propone di nuovo così la visione storica che considera la relazione all’interno del setting come qualcosa di magico, astratto, irreale o all’opposto rinforza nei pazienti la suggestione dell’importanza di curarsi con questo o quel modello in base anche alle mode, alle tendenze e pertanto al marketing vincente del momento.
In tempi in cui la tecnologia continua a fare passi e scoperte sensazionali, la genetica ha mappato completamente il genoma e potrei scrivere pagine intere di progressi, non possiamo credere e far credere che ci siano tanti modi, spesso completamente lontani e diversi di far stare meglio le persone che soffrono per problematiche mentali.

Preciso che la soggettività della cura è indiscutibile nel momento in cui la psicoterapia si basa sull’incontro tra persone sempre diverse, i tantissimi psicoterapeuti e gli innumerevoli pazienti, quindi la diversificazione del trattamento è legata strettamente alle intersecazioni di personalità quasi infinite tra esseri umani ma questo non significa escludere a monte che il pensiero di base sul trattamento possa essere comune a tutti.
Partiamo dalla descrizione della fisiologia dell’essere umano: dal momento della nascita del bambino fino al progressivo instaurarsi delle autonomie, prima che compaiano in maniera sempre più evidente e distinta le caratteristiche di personalità che porteranno all’adulto, in maniera abbastanza simile, anche se non uguale, viviamo della necessità di un affetto di base molto omogeneo.

Le manifestazioni si assomigliano, così come le richieste e le reazioni, mentre in seguito, piano piano emergeranno in maniera più personale le specificità che renderanno ognuno di noi diverso dall’altro.
Credo che tornerò sull’argomento parlando degli affetti di base, per ora il parallelismo è utile a rinforzare la necessità per la cultura psicoterapeutica di riconoscere un fondo comune di approccio all’essere umano come fondamenta su cui poi la soggettività di ogni psicoterapeuta ed eventualmente la differenza tra orientamenti potrà e dovrà comparire per rispettare l’eterogeneità delle persone, delle esperienze e dei vissuti.

Michele Battuello