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Muoviamoci


Muoviamoci è un verbo semplice e, se associato a una proposta sociale e gruppale compresa la psicoterapia, è banale, già probabilmente usato e sentito.
Io lo sto usando proprio con quest’accezione e quindi in parte credo di rientrare nella categoria del nulla di nuovo.
La provocazione, ci rifletto solo ora che scrivo, non è studiata muoviamoci è rivolto a chi, al contrario, si ferma, a chi supera la velocità di lettura del verbo esortativo e della quasi immediata correlazione con qualcosa di poco originale, e prova a stare, respirare un secondo e a scoprire di cosa si tratta.

Il significato è proprio muoviamoci e niente più: nel dettaglio contiene la base della relazione tra esseri umani, il movimento (muovere) e il noi (ci).
Punto, tutto qui.

Nulla nasce dal nulla e nel processo evolutivo dell’esperienza clinica, di formazione e ricerca in psicoterapia di gruppo mi sono confrontato con il mondo esterno e ho scoperto che ci sono tante voci che vogliono parlare o anche muoversi ma (forse) sono in difficoltà.
Stessa difficoltà che probabilmente incontro o ho incontrato nel mio prendere consapevolezza del bisogno di uno stravolgimento del pensiero sulla realtà umana e di conseguente necessità di attivazione sociale per risvegliarci da una stasi preoccupante.

Muoviamoci è quindi spinta dinamica che proviene dal desiderio, la rappresentazione evoluta del bisogno, tipica della nostra specie.

Il gioco di parole è proprio desiderare di tornare a desiderare che è, in sintesi, la vita sociale.
Quando, usando i social, come spazio di comunicazione più ampio dello spazio fisico in cui posso muovermi, ho visto che il maggior numero di interazioni con il mio pensiero, dirette e non. era su temi legati alla rivendicazione della realtà umana contro il suo annichilimento culturale, è arrivato muoviamoci.
I farmaci di nuovo utilizzo veloce per la depressione post-partum, l’innalzamento della vendita e consumo di psicofarmaci, la depressione che è sempre meno “serotoninergica” ma non si ammette che è relazionale, la categorizzazione continua dei disturbi del comportamento alimentare, il branco che annulla l’identità dell’altro sono stati sempre da me proposti con un messaggio ribelle di non accettazione della passività con cui oramai questi messaggi ci raggiungono quotidianamente.

La ribellione non è guerra ma, appunto, muoviamoci, ritroviamo quel desiderio civile di essere esseri umani che è l’essere sociali.
Il sociale è il riconoscimento dell’uguaglianza di ogni essere umano nella relazione con gli altri, è uno spazio che prima della meravigliosa specificità e diversità di ognuno di noi, è parità di veduta sul chi siamo: imprescindibili dalle relazioni e vincolati al loro contenuto affettivo per la nostra stessa esistenza.
Se non riusciamo a mantenere la capacità affettiva di stare in relazione non sopravviviamo.
Ne siamo dipendenti perché i rapporti umani sono insopprimibili e sono il nostro pane quotidiano nel senso più esteso: nello specifico invece la possibilità di dare e avere risposte affettive qualitative (capacità relazionale) è la caratteristica che ci rende liberi di esprimere la fantasia inconscia (pertanto il desiderio) cioè la nostra peculiarità di persona diversa da tutte le altre. Liberi (autonomi) significa quindi stare in relazione senza affossarci nell’individualismo come la maschera dei nostri tempi richiede.

La dipendenza che invece è vissuta come problematica (identificazione) , è legata all’incertezza relazionale maturata nella crescita nel rapporto con il mondo esterno soprattutto i genitori, che mortifica il desiderio dell’altro ad averne bisogno che diventa allora sempre la necessità del solito altro e della sua risposta quella certezza, seppur non gratificante, che toglie dalla paura dello sconosciuto che è invece realizzazione della fantasia.
Muoviamoci è ritrovare il passaggio tra il sociale come strumento imprescindibile della relazione umana e come svincolo dalla stasi dell’individualismo che restringe i colori del mondo alla coppia o allo stretto nucleo che ci circonda rendendoci totalmente disinteressati, se non spaventati, dal diverso.
Muoviamoci è quindi psicoterapia, formazione (soprattutto) e ricerca in psicoterapia di gruppo e non solo.
Muoviamoci è cultura psicoterapeutica fuori dalle barriere dell’appartenenza obbligata a un modello, fuori dai convegni che servono solo a dimostrare al MIUR che si fa ricerca, fuori dalle scissioni delle correnti; è integrazione.
Muoviamoci è anche lo spazio per quelli che vogliono rappresentare nel loro modo caratteristico e specifico, l’uguaglianza della relazione umana.

Muoviamoci, e poi mi fermo ma spero che altre allunghino la lista, è ascolto per tutte le persone che si soffermano ma non sanno come andare oltre perché manca il “ci”.

Michele Battuello