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L’Identificazione Strutturante

Nella maggior parte dei casi affrontati in psicoterapia, l’identificazione è avvenuta in maniera parziale lasciando spazio a finestre di vissuti validi che nel complesso hanno potuto costruire le basi per un’identità adulta in grado di realizzare obiettivi anche se, come detto, mediante compromessi affettivi dovuti a meccanismi di difesa e dinamiche compensatorie.
È possibile ritrovare, soprattutto nel contenuto dei sogni, una forma di identificazione, definita strutturante, che pur rientrando nelle dinamiche patologiche, rappresenta una delle vie alternative a disposizione del bambino per sopperire alla dinamica di non riconoscimento.
In alcuni casi in cui la madre, per esempio, è stata notevolmente carente, dall’interpretazione della relazione psicoterapeutica e dei sogni, si può rilevare un importante spostamento affettivo sull’altro genitore, il padre.
Questa dinamica è spesso centrale per il lavoro psicoterapeutico e conferma l’utilizzo del sogno come strumento efficace per la comprensione e la risoluzione della psicopatologia poiché permette una distinzione fondamentale sul piano affettivo rispetto alla figura del padre.
Nella pratica clinica infatti sono di frequente riscontro storie di avvenimenti e vissuti familiari in cui il padre è stato spesso severo e assente e dall’altra parte una madre più presente sul piano concreto.

In molti di questi casi è altrettanto comune ritrovare una dinamica conflittuale nei confronti della stessa figura paterna che tante volte è analizzata e interpretata come difficoltà del bambino/paziente rispetto all’adulto di riferimento poco presente e/o rigido e poco empatico.
Senza dubbio questa qualità relazionale è stata motivo di dolore ma la presenza di una forte identificazione strutturante è importante per distinguere la situazione in cui, in un periodo molto precoce dello sviluppo del bambino, il padre è stato di fondamentale importanza, altrimenti questo rapporto è affrontato in psicoterapia solo come disfunzionale non permettendo il recupero degli elementi affettivi necessari al vero superamento e trasformazione della dinamica con i genitori.
Il bambino, identificandosi con il padre, è riuscito a sopravvivere nonostante le gravi carenze della madre rappresentate da annullamenti, rifiuti, fino a veri e propri agiti aggressivi psichici e non solo.

Ci si accorge quindi che il bambino, trovando una traccia di affetto nell’altro adulto, può potenziare enormemente il suo vissuto in questo rapporto vivendolo come bellissimo anche quando i fatti dimostrano il contrario ma i fatti, facendo riferimento a un periodo posteriore alle dinamiche di cui sto parlando, racconterebbero solo una parte di come è andata effettivamente la storia relazionale con il padre.
Semplificando, dove il bambino riesce a trovare anche una fievole sorgente di risposta affettiva nell’altro genitore o in un altro rapporto, se la prende, sicuramente identificandosi, e la ricopre di significato emotivo tale da potersi garantire comunque una forma di identità di base rispetto all’angoscia di annichilimento e frammentazione per il vero e proprio vuoto affettivo della madre.
L’immagine del genitore oggetto dell’identificazione strutturante è riempita di elementi idealizzati perché è comunque una creazione esasperata del bambino ma per il giustificato fine della sopravvivenza psichica.
L’interpretazione di tale forma, considerata valida in psicoterapia per la situazione affettivo-relazionale in cui il bambino si era trovato a vivere, anche se disfunzionale poiché comunque frutto della necessità di identificazione, desta spesso molto stupore da parte del paziente.

Il genitore salvifico nella storia e nella concretezza dei fatti e della relazione è stato magari poco disponibile e valido e non è ricordato o nominato con piacere pertanto comprendere dal materiale interpretativo che in realtà quel rapporto in alcuni casi è stato fondamentale, determina una risposta molto potente in termini emotivi coscienti e immediatamente dopo in termini elaborativi inconsci.
La risoluzione dell’identificazione strutturante è un passaggio spesso drammatico perché il paziente si deve confrontare con il superamento di una dinamica di rapporto che sopperiva al vuoto da parte dell’altro genitore e quindi è molto complessa perché la separazione inevitabilmente riporta a galla il senso di vuoto e disperazione della relazione con il genitore annullante.
Voglio aggiungere, parlando di identificazione in generale, come siano ben differenti, i significati attribuiti ai fratelli e alle sorelle rispetto ai genitori/adulti di riferimento, a dimostrazione che l’identificazione è un processo dinamico patologico dovuto alla gestione affettiva alterata del rapporto da parte del genitore.

I fratelli emergono, all’interno dei sogni, come figure assolutamente valide perché rappresentano rapporti intatti e paritari in cui entrambi i membri hanno investito affettivamente, trovando risorse alle quali attingere rispetto alle carenze genitoriali e proprio perché sono stati alla pari, non sono stati introiettati e pertanto rappresentati con immagini di identificazione, al contrario sono di frequente utilizzati per il processo di separazione e trasformazione delle dinamiche patologiche dell’adulto/paziente.

L’importante differenziazione, inconsciamente rappresentata, dell’importanza e del ruolo delle diverse relazioni di ogni essere umano che in psicoterapia ci si trova ad affrontare e interpretare con il paziente come le differenze in termini affettivi tra genitori e fratelli, è un’altra dimostrazione che le dinamiche di introiezione e identificazione rientrano in categorie psicopatologiche attribuibili solo a specifiche relazioni proprio perché hanno avuto valenze completamente diverse nella storia e nello sviluppo del bambino.
Propongo un’ultima riflessione sulla comparsa e la risoluzione dell’identificazione strutturante in psicoterapia.
Il movimento dei pazienti nei confronti di questo processo psicopatologico è comune: da una parte si trova la relazione distruttiva e pertanto annullante che ha determinato angoscia, senso di vuoto e morte, dall’altro l’identificazione strutturante con l’altro genitore come ho descritto.

Il paziente inizialmente porta come contenuto dei sogni il rapporto di identificazione strutturante poiché è il più facile da affrontare, avendo un contenuto affettivo se pur minimo e idealizzato enormemente dal bambino stesso.
Ripeto che questa relazione è sempre presentata come disfunzionale anche se in termini psicoterapeutici nel momento in cui compare viene proposta al paziente comunque come valida per i motivi di sopravvivenza psichica e di risorsa per il processo di elaborazione chiariti prima.
Da questa dinamica strutturante il paziente si vuole comunque separare rendendosi conto che è un passaggio necessario per il ritrovamento della sua identità distinta e autonoma.
Nel momento in cui però mette in crisi, per elaborazione, la figura identificata, entra in una fase complessa poiché nel passaggio di separazione e ricerca dell’autonomia emerge immediatamente l’origine del problema e cioè che l’identificazione strutturante si è realizzata come potente risposta al rapporto deficitario gravissimo dell’altro genitore.
Il lasciare l’immagine identificata riattiva i vissuti e le angosce del pre-identificazione strutturante.

A questo punto della psicoterapia è utile spiegare sempre molto chiaramente e accuratamente i processi dinamici in corso e già la spiegazione è di grande aiuto ma in aggiunta si propone una transizione affettiva sullo psicoterapeuta stesso con una provocazione diretta finalizzata ad assumersi insieme tutto il carico della difficoltà e del peso emotivo del momento.
La risposta interessante dei pazienti è che in termini onirici raramente è accaduto che siano emersi lo psicoterapeuta o la psicoterapia a compensare la fase di passaggio, ma nella maggior parte dei casi le immagini utilizzate sono state il ritrovamento di affetti validi della storia come fratelli o altre figure che hanno avuto una valenza importante nello sviluppo del paziente.
Pertanto è sempre più chiaro che nel rapporto valido, come in psicoterapia, il paziente non s’identifica con il terapeuta anche nelle fasi critiche del lavoro ma risponde alla dialettica con le risorse che ha a disposizione per proporre una possibilità di movimento interno che ricerca forme diverse da quelle disfunzionali messe in atto in precedenza.

Nel momento in cui il paziente trova una relazione affettiva capace di riconoscimento, può affrontare il problema e cioè il rapporto con il genitore gravemente disfunzionale che nella maggior parte dei casi è rappresentato dalla madre.
La forza dinamica che si instaura nella sostituzione del genitore identificato strutturalmente con un’altra figura valida, permette l’entrata dentro all’angoscia dovuta al vissuto di assenza del rapporto, per superarla e trasformarla.
Una volta elaborata la dinamica del rapporto con la madre, il paziente generalmente si rende autonomo anche dalle forme affettive utilizzate nel periodo di transizione per affrontare la madre e ritrova immagini interne del tutto indipendenti.
La rilevanza di queste osservazioni va contestualizzata nel periodo fondamentale di investimento del Potenziale Umano del bambino e di costituzione delle basi dell’identità pertanto durante i primi mesi e anni di vita.

I ricordi coscienti difficilmente sono disponibili prima dei 3-4 anni di vita e anche quando lo sono, si tratta sempre di ricordi fugaci, mal definiti e che oltretutto hanno subito le rivisitazioni della coscienza per molti anni, rendendoli sicuramente molto diversi dal fatto e dal vissuto di quel momento.
Tutto il periodo precedente è materia inconscia e, se da una parte, è comunque rintracciabile nella relazione psicoterapeutica, paradigma delle modalità relazionali adulte del paziente, per poter capire, curare e risolvere gli aspetti disfunzionali gestiti dall’adulto di riferimento nei confronti del bambino, l’elemento cardine di cui disponiamo in terapia è il sogno.

Michele Battuello