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La Psicoterapia e l’oceano di citazioni e riferimenti storici in cui è immersa

Se si ha l’occasione di leggere qualche argomento di Psicoterapia, articoli, libri, conferenze e siti web tematici, è possibile rendersi conto di quanto la Disciplina sia contaminata da numerosi riferimenti.
La prevalenza è legata ad Autori noti e del passato ma si spazia anche attraverso citazioni storiche, filosofiche, artistiche e culturali in genere delle più variegate.
Preciso subito che il contatto con il passato e con le espressioni dell’essere umano in senso trasversale siano necessari e imprescindibili poiché la clinica si occupa di comprendere e curare una persona che è anche e soprattutto il suo contesto di origine come la storia della famiglia e il suo mondo contemporaneo anno dopo anno fino a quando è giunto alla nostra osservazione.
Credo che questa importante realtà non giustifichi pienamente l’eccesso di collegamenti con capisaldi teorici, metafore, spunti magniloquenti che la Psicoterapia utilizza quando racconta di se stessa.
Le mie riflessioni non devono apparire a priori in quanto sempre associate all’esperienza clinica e al pensiero conseguente a essa.

A prescindere dall’orientamento metodologico, infatti, lo Psicoterapeuta cerca di svincolare il paziente dai vissuti esperiti nelle relazioni importanti che non gli hanno permesso di sviluppare un senso di Sé autonomo, integro e che nel tempo, nonostante e a causa di meccanismi di difesa di compensazione, hanno determinato lo strutturarsi della psicopatologia e la comparsa della sofferenza.
Tale maturazione all’interno del percorso comprende percezioni nuove e ritrovate su se stessi e sul mondo che permettono pensiero, comportamento, capacità relazionali e obiettivi, a medio e lungo termine, validi ed efficaci, che è il risultato che va sotto il grande ombrello del cambiamento, per alcune Psicoterapie è la risoluzione dei sintomi, per altre delle dinamiche sottostanti per altre ancora de processi di pensiero e comportamentali.
Il passato non può e non deve essere rinnegato, né tantomeno dimenticato o rimosso ma può essere superato.

Per questo motivo rifletto su quello che propone la teoria così sovrabbondante sia di concettualizzazioni ma soprattutto di agganci continui con il passato, rivisto, analizzato, interpretato, pensato come se, senza, la Psicoterapia non esistesse o non avesse una sua concretezza; l’eccesso di riferimenti sembra pertanto una necessità più che una possibilità, un comodo e riparato porto in cui ormeggiare.
Ma non è detto che il mare sia sempre in tempesta e che al contrario non sia altrettanto bello, anzi, molto più potente, godersi il mare aperto e lasciarsi andare alla deriva se si hanno l’intuizione e la conoscenza dei venti, delle stelle e soprattutto della propria imbarcazione.
Se invece è così necessario legarsi al personaggio, all’orientamento metodologico e più in generale allo specifico pensiero, è spontaneo domandarsi come effettivamente lo svincolo della persona da alcuni aspetti della sua storia sia possibile in Psicoterapia per sviluppare il cambiamento di cui tanto si parla.
La risposta ce la danno, come sempre, i pazienti che in tanti casi rimangono incatenati alla persona e/o alla teoria piuttosto che a una reale indipendenza e si sente dalle loro parole che in forma anche entusiastica parlano di essersi curati da, aver seguito quel metodo, aver raggiunto la serenità con quell’approccio, spesso con così tanta enfasi che è difficile pensare che dietro non ci sia la stessa esigenza dello Psicoterapeuta di rimanere agganciati a un qualcosa di certo.

Non credo che questo significhi per forza un fallimento psicoterapeutico o qualcosa che a priori non funzioni ma è differente parlare di risoluzione e guarigione rispetto a rimanere vincolati a identificazioni potenti seppur evolute rispetto a quelle storiche disfunzionali di provenienza.
Come accennavo, autonomia e identità non sono sinonimi di abbandono del passato, anzi corrispondono a una coerente integrazione della storia nella personalità del paziente senza che la storia debba essere sempre presente davanti agli occhi coscienti della persona come necessità esistenziale.
Quando cerco di sintetizzare questi pensieri mi viene sempre in mente un esempio concreto ma molto rappresentativo: quando ci capita di ottenere un risultato per cui abbiamo tanto investito o faticato ce lo godiamo e basta, in realtà come ogni attività umana, non nasce dal nulla in quell’istante ma comprende tutte quelle esperienze passate che inconsciamente ci hanno permesso di raggiungere quel traguardo.

Allo stesso tempo pensiamo e viviamo quel momento come nostro non avendo la necessità di pensare che è grazie a qualcosa che abbiamo vissuto all’interno della famiglia, poi nella scuola, nelle prime amicizie e negli amori significativi e altre esperienze che ci ha permesso di essere e ottenere quello che abbiamo in quel dato momento. Diventa semplicemente nostra realizzazione.
Il rimanere agganciati per necessità al passato equivarrebbe, nel caso menzionato, a non potersi svincolare dal fatto che ciò che raggiungo è dovuto anche a quelle persone, a quelle esperienze, a quei momenti e così via diventando così una gabbia piuttosto che una libertà in quanto il riconoscimento di Sé sarebbe legato indissolubilmente a chi ha fatto qualcosa per noi sottraendoci la certezza che quel passato ora è contenuto nella nostra identità.
Il genitore sano è felice per il figlio che sta bene e si gode la vita e non ha la necessità di essere lodato o ringraziato per questo ma la sua gioia è il riconoscimento della realizzazione del figlio.

Il figlio, il paziente, lo Psicoterapeuta svincolato, non rubano niente al passato facendolo proprio, non esistono diritti d’autore frodati in termini affettivi, relazionali e teorici, per questo la fine di una Psicoterapia significa perdere anche il significato profondo dell’aver fatto un percorso da parte del paziente perché il rapporto con me è implicito nella sua bellezza di persona che se ne va per la sua strada.
Se decide di non fare mai riferimento a me, con se stesso o con gli altri, non mi toglie nulla, non mi offende, non mi nega perché io sono, in parte, contenuto invisibile del suo essere migliore, guarito. Allo stesso tempo io porto nella mia identità di uomo e di professionista tutto il lavoro con quel paziente come accrescimento e miglioramento di me anche se non ho necessità di dire e dirmi che oggi sono diverso da ieri anche grazie a ognuno dei miei pazienti.
Al contrario, vista tanta supremazia della posizione Psicoterapeuta Paziente che ancora esiste nel nostro lavoro, non sarebbe poi un esercizio tanto controindicato per il professionista riconoscere quanto non solo è stato utile e importante per il paziente, esperienza di solito ricevuta con facilità e appagamento, ma quanto anche il paziente è stato importante nella sua crescita personale così come ogni altra esperienza quotidiana significativa.

Ritornando al mare magnum dei riferimenti continui che fa la Psicoterapia di Sé stessa, mi accorgo che non è frequente trovare un pensiero, degli scritti che riescano a fare a meno del bisogno di ancoraggio alla storia o a qualcosa che dia sempre una certezza di solidità; in quei rari casi è facile trovarsi sul versante opposto dell’onnipotenza di un singolo o di una corrente che in maniera dogmatica professano la loro voce, rinnegando e criticando il resto.
In tante espressioni ognuno di noi ha per forza spesso inconsapevolmente preso qualcosa dagli altri, dal mondo, ma non è un furto o appropriazione indebita, è la conseguenza del nostro naturale essere umani per cui nessuno inventa, scopre e racconta nulla che non sia dovuto alla collettività e alla storia.
L’inventore è chiaramente quello che ha aggiunto un tassello mancante, o che ha avuto l’intuizione che ha aperto un pensiero, o l’idea di dire e fare un qualcosa prima di altri ma non ha mai fatto nulla da solo, non senza un mondo passato e contemporaneo.
L’invenzione pertanto è sua e gli va riconosciuta e possiamo sentire le sue parole che potranno o non riferirsi a tutto un passato dietro il racconto ma anche se non lo farà, nulla sarà tolto al significato del processo storico alle spalle.

Per questo credo che la Psicoterapia possa permettersi di pensare se stessa senza sempre dover fare i conti con qualcuno o qualcosa che c’è stato, lasciandolo andare per permettersi di andare veramente avanti nella ricerca, nel pensiero e soprattutto nel rapporto con i pazienti.

Michele Battuello