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Il Sogno e il suo utilizzo nell’Emergenza

Attraversiamo un periodo di emergenza sanitaria e le ripercussioni sulla nostra vita quotidiana sono sotto gli occhi di tutti, le sperimentiamo personalmente e le viviamo anche indirettamente ascoltando e vedendo i fatti che ogni giorno i media ci mostrano.
La Psicologia e la Psichiatria sono chiamate a intervenire rispetto alle svariate declinazioni della professione: i servizi delle emergenze, di comunità, ospedalieri, di psicoterapia, pubblici e privati cominciano a fronteggiare i danni secondari della pandemia, pur prevalendo, naturalmente, la necessità medica di cura e prevenzione degli effetti organici del virus.
Il trattamento dedicato al qui e ora delle difficoltà connesse alla paura della malattia e/o agli effetti delle restrizioni come chiusura e confinamento in spazi ristretti e obbligati, incontra paure e angosce emergenti e in alcuni casi esplosive che richiedono interventi immediati.
Per questo motivo si sono attivati su tutto il territorio servizi di supporto soprattutto a distanza che coinvolgono un ampio numero di professionisti così come numerosi medici sono stati reclutati sul campo negli ospedali spesso in affanno rispetto alla quantità di malati in arrivo a causa dell’infezione polmonare.
L’eventuale Disturbo Post Traumatico da Stress è presente innanzitutto nel personale sanitario che da settimane, nei luoghi più colpiti, lavora senza sosta, percependo il rischio reale effettivo della malattia, infettandosi e morendo essi stessi mentre si occupano di tantissimi casi contemporaneamente, insieme alla disperazione delle morti così frequenti e drammatiche anche solo nel loro isolamento dalle persone care.

Il trauma è anche di chi sa che ha un parente, un amico, una compagna in terapia intensiva che sta male e non può vederlo né stargli vicino nei momenti più disperati compreso il sopraggiungere della morte.
In questi giorni migliaia di persone stanno vivendo il trauma e di conseguenza si stanno attivando unità importanti di intervento psicologico anche queste sul campo.
Per il resto, ci sono milioni di persone nel paese che si confrontano meno potentemente con l’infezione ma non per questo sono escluse dalla necessità di aiuto e supporto per tutto ciò che stiamo vivendo.
La forte richiesta e l’eventualità che questa possa aumentare velocemente nel tempo, hanno attivato professionisti pubblici ma soprattutto privati, in maniera collettiva piuttosto che autonoma, a rendersi disponibili, nella maggior parte dei casi a distanza, per il supporto.
Interventi importanti, spesso fondamentali, sono offerti per chi ha bisogno e chiede aiuto, rispondono ai più svariati orientamenti e approcci alle problematiche emotive, affettive e relazionali, e ogni professionista interviene con la propria esperienza, modello e pensiero sul disagio e il suo trattamento.
Per questo mi sento di portare una riflessione sul sogno, il suo eventuale significato e utilizzo collegato all’esperienza del Coronavirus.

Vorrei rimandare come prima cosa ai colleghi che nella loro prassi non utilizzano il sogno e con cui quindi non hanno dimestichezza psicoterapeutica di considerare con molta attenzione i rimandi che eventualmente intendono fare sui sogni delle persone che vedono/sentono in supporto all’emergenza.
È frequente che le persone ricordino sogni o incubi in un periodo così carico di immagini, sensazioni e pensieri drammatici come conseguenza di una forte attivazione emotiva correlata alla realtà esterna potente e che le rappresentazioni dei sogni stessi possano avere dei riferimenti espliciti al virus o a ciò che lo circonda, ospedali, terapie intensive, isolamento, restrizioni.
Non è possibile rispondere in chiave interpretativa a tali sogni se non si conosce a fondo la persona con cui si interloquisce, tanto più a distanza.
Il rischio di attribuire necessariamente un significato post-traumatico a immagini anche cruente, angoscianti o comunque intrise del qui e ora della pandemia, può essere controproducente e cerchiamo di capire perché.
I sogni che si ricordano rappresentano la selezione della memoria cosciente, al risveglio, dei contenuti emotivi che sono accessibili: degli innumerevoli sogni di una notte, al massimo ce ne rimane uno o poco più, molte volte nessuno, quindi la coscienza esercita inequivocabilmente una cernita.

Poiché il sogno è un’espressione libera, vera, spontanea seppur alcune volte drammatica del pensiero profondo su sé, esplicitato tramite immagini, esso è specchio dello stato dell’identità della persona in quel preciso momento della vita.
Il cervello che sogna, prende e utilizza molto spesso le immagini della quotidianità, che sono facilmente a disposizione, per rappresentare i vissuti, gli stati d’animo e le dinamiche che ognuno di noi inevitabilmente vive, elabora, attraversa per la maggior parte del tempo, senza consapevolezza.
È un processo che fa parte di noi come il respirare, il battito cardiaco e altro, cioè senza il bisogno di un intervento razionale e cosciente e nel caso del sogno, avviene, per fortuna, fuori dalla mente che controlla.
In molte occasioni, l’elemento preso in prestito dalla realtà cosciente, una persona, un fatto, un luogo, emerge all’interno di un sogno per raccontare non necessariamente quella persona, fatto o luogo ma per portare un pensiero sul sé di chi sogna. L’immagine “rubata” è connotata affettivamente, non è un semplice oggetto di arredamento onirico, ed è utilizzata per affrontare quell’affetto e non per forza quell’oggetto/situazione specifica.

Quindi pensare/interpretare un’emozione spiacevole associata a un sogno dove ad esempio compare il Coronavirus, l’isolamento o quant’altro, come rappresentazione e conferma del trauma, rischia di consegnare alla persona il messaggio inconscio che quelle paure che sta vivendo sono radicate e stanno attaccando la sua identità di base.
È una distinzione fondamentale tra, parliamo ad esempio di paura, una situazione esterna che spaventa e una paura che, pur essendo legata all’esterno, attiva delle angosce interne che non hanno nulla a che fare con l’evento circostanziale.
Il forte impatto emotivo della pandemia e/o delle restrizioni, può suggerire dei pensieri e delle immagini che ritroviamo nei sogni, che sono utilizzate per rafforzare un processo che è già in corso nella persona da tempo rinforzandolo e magari aumentando angoscia, senso di smarrimento e perdita di sé e per cui quindi la presa in carico va intesa in un senso più complessivo poiché la focalizzazione sull’oggi non darebbe risultati efficaci.

Allo stesso tempo, e parlo ora dell’elemento più importante, molte volte l’immagine del sogno può rappresentare un conflitto interno in cui sono reperibili anche le risorse, gli elementi validi, le capacità affettive, che magari l’evento esterno ha attivato.
In questo caso pensare/interpretare l’immagine come fotocopia della realtà esterna e quindi come paura o angoscia isolate, rischia di attaccare gli spunti vitali che la persona ha messo in campo a seguito della forte stimolazione (pandemia, isolamento), o che magari stanno emergendo per un processo elaborativo precedente, a prescindere dall’emergenza.
Quando parlo di elementi vitali, mi riferisco molte volte a sottili ma importanti sfumature che si evidenziano nella narrazione del sogno ma che possono essere colte solamente quando si è pienamente dentro il rapporto cioè in una psicoterapia avviata e strutturata.
Il concentrarsi, da parte del professionista, sulla paura e angoscia del sogno, senza saper riconoscere le eventuali risorse attivate, può togliere invece che dare al paziente in difficoltà.

In casi più circoscritti il sogno ci fa comprendere che la persona sta vivendo effettivamente un trauma che intacca le basi del sé, dell’identità, o per la sua dirompenza o perché si va a legare a un sé già fragile, frantumandolo ulteriormente.
Ove anche si ipotizzasse un Disturbo Post Traumatico da Stress, credo che l’evento ripetitivo di sogni o incubi inerenti al fatto accaduto, interpretato nella sua generalizzazione e quindi nella sottovalutazione del contenuto di ogni sogno che viene inglobato nell’unica categoria “ricorrente”, rischia di far perdere delle possibilità elaborative e trasformative profonde del trauma che invece una esperienza di relazione con il sogno permette.
Lo Psicoterapeuta che si attiva oggi, a causa dell’emergenza che stiamo attraversando, dovrebbe utilizzare il sogno, nel caso in cui la persona abbia forte voglia e bisogno di raccontarlo, come una possibilità di esternazione dei propri vissuti, evitando, se non ha confidenza con la psicodinamica che tiene in considerazione il Potenziale Umano valido espresso nel contenuto onirico, di interpretare le immagini troppo facilmente come collegate ai fatti esterni.
La narrazione del sogno in questo modo, rimane uno strumento utile di condivisione delle paure, ad integrazione dell’intervento di supporto dello Psicoterapeuta attivato in seguito all’emergenza, senza il rischio di un’ingerenza interpretativa dannosa.

Il rapporto con l’altro è un qualcosa da maneggiare con cura, nella nostra vita personale e tanto più in quella professionale, a maggior ragione quando ci troviamo di fronte a qualcosa di così inaspettato e travolgente: la necessità di intervenire in tempi brevi e in maniera capillare sul territorio non può sottrarci dal valutare ancora con più attenzione ogni scelta, movimento e passaggio che facciamo con il nuovo paziente acquisito.
L’ampia platea che ha e avrà bisogno di aiuto è un conto, il bisogno di sentirsi necessariamente e voracemente utili, importanti e fondamentali provoca spesso movimenti impulsivi e non spontanei nella relazione con chi soffre, alterandone il suo significato e soprattutto la sua utilità.

Michele Battuello