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Formazione in Psicoterapia all’interno del Gruppo esperienziale da remoto


Due anni di pandemia ci stanno, purtroppo, abituando alla necessità, e in alcuni periodi all’obbligo, di formazione a distanza.

Dalla scuola all’università, alle formazioni avanzate come Dottorati e Specialistiche, le controindicazioni, le scomodità, i rischi per l’efficacia formativa sono ampiamente discussi e mi accodo alla maggior parte dei pareri che sono sfavorevoli a tale prassi che in tutti i modi si cerca di evitare, dovendo sempre cercare un equilibrio tra rischio sanitario e benefici didattici.

La Formazione in Psicoterapia ha sofferto e ancora in parte subisce, come gli altri percorsi di studio, l’alternarsi di presenza, distanza, o modalità miste, in molte strutture per chiari motivi di rapporto spazi/numero di partecipanti.

Il mio ambito, il lavoro esperienziale di Gruppo, ancor di più, risente di due anni condizionati dalla prevalenza degli incontri da remoto.

Gli incontri, nell’intero percorso, hanno l’obiettivo di focalizzare l’attenzione prima di tutto sulla persona-studente e in seguito sullo psicoterapeuta-studente, lavorando su un piano strettamente introspettivo ed espressivo vissuto, appunto, all’interno del Gruppo e, come obiettivo parallelo, di esperienza per l’eventuale futuro psicoterapeuta interessato a lavorare con le dinamiche gruppali.

Nel processo evolutivo all’interno della Scuola, inizia, intorno al secondo anno, la conduzione e la co-conduzione del Gruppo da parte degli studenti.

Vedersi, con i numerosi significati del verbo vedere in Psicoterapia e/o in una Formazione esperienziale di questo genere, dalla propria abitazione e dietro uno schermo, ha implicazioni ben note, di carattere negativo, che come dicevo, sono descritte e soprattutto lamentate con frequenza negli ultimi mesi.

Mi sono accorto però che il lavoro a distanza non è solo questo, pur desiderando che gli anni con gli studenti possano essere sempre insieme fisicamente, materiale insostituibile della relazione, qualunque essa sia.

Prima di tutto, inconsapevolmente all’inizio e poi comprendendone con il passare del tempo il significato, ho assunto il ruolo di psicoterapeuta degli studenti nel momento in cui la frustrazione, la noia, la rabbia e soprattutto lo sconforto, iniziavano a predominare sulla relazione all’interno dei Gruppi.

Come i pazienti sono bloccati in un circolo vizioso condizionato fortemente dalla psicopatologia, anche gli studenti erano sopraffatti dal disagio causato da forze esterne.

In Psicoterapia, a prescindere dall’orientamento, la relazione offre la vitalità dello psicoterapeuta come risorsa di trasformazione, cambiamento e cura, ricercando e attivando gli aspetti vitali del paziente seppur negati o tenuti sotto controllo.

La storia dei gruppi umani ha sempre mostrato che l’esterno, dalle relazioni, agli avvenimenti, non deve per forza prendere il sopravvento sull’esistenza e tranne che per situazioni oggettivamente e soggettivamente gravissime, l’essere umano ha sempre perseguito l’innato potenziale di crescita ed evoluzione, passando per crisi, alcune volte drammatiche e inaspettate, ne è esempio il Covid, altre inevitabili e necessarie allo sviluppo come le separazioni, per eccellenza la morte.

Gli studenti da futuri psicoterapeuti non potevano essere soggiogati, in un cammino fondamentale come la Formazione Specialistica, da forze esterne e per questo l’approccio al problema degli incontri a distanza ha preso i contorni di un vero e proprio lavoro psicoterapeutico, sullo studente ma anche sul Docente/Conduttore.

In un moto circolare, tipico del lavoro di Gruppo, anche io, a differenza del lavoro con la psicopatologia forza esterna al sé dello psicoterapeuta, mi sono ritrovato inevitabilmente a confrontarmi con le stesse difficoltà degli studenti perché era un’esperienza nuova e mai vissuta per tutti.

L’attivazione iniziale è stata un’inconsapevole reattività vitale al senso di morte portato dagli studenti in risposta al cambiamento del mondo esterno soprattutto nelle abitudini e nelle regole dei diversi Gruppi, pertanto il lavoro sulle risorse, su significati altri, il ricercare una vitalità nel rapporto con il Gruppo stesso che ha inevitabilmente aiutato e sostenuto anche la mia parte che stava comunque subendo la mortificazione non solo del lavoro da remoto ma, come per tutti, delle conseguenze dirette e indirette della pandemia.

Chi ha creduto che, in questa unica e specifica situazione lo psicoterapeuta, sia non condizionato internamente ed esternamente dai fatti, deve aver fatto per forza riferimento a costruzioni di sé onnipotenti che di sicuro non possono aver portato benefici né al soggetto, né alle persone intorno a lui/lei, immaginiamo ai pazienti in Psicoterapia.

In questo processo, chiamiamolo di rivitalizzazione, sono emerse due considerazioni rilevanti, una di carattere generale sul lavoro da remoto e una più specifica sulla Formazione del futuro psicoterapeuta.

Il primo punto è stato il rendersi conto che il Covid ha accelerato un modo di vivere la relazione psicoterapeutica che si stava già strutturando negli anni precedenti, quello appunto a distanza, quindi l’aspetto più frustrante è stato legato all’obbligo di usare un mezzo, molto differente ovviamente dalla libera scelta, più che il problema del mezzo in sé.

Il fatto che ogni psicoterapeuta ha e avrà la possibilità, come il paziente, di lavorare in presenza, a distanza, o in entrambe le forme, deve anche far pensare diversamente la Formazione, ipotizzando l’inclusione, per i modelli che lo riterranno importante, della preparazione dello studente sulla Psicoterapia a distanza sia con moduli didattici che, soprattutto esperienziali.

Oltre il Covid, gli incontri a distanza hanno l’importante caratteristica che possono raggiungere sottogruppi di persone che hanno accesso con difficoltà alle cure psicoterapeutiche, così come avviene per la telemedicina che cerca di comparire e integrarsi sul territorio.

Dagli anziani a pazienti con difficoltà motorie o di spostamento in generale, non autosufficienti e/o con problematiche soggettive e/o oggettive nell’uscire di casa, così come per località che non hanno specifici servizi, andando avanti attraverso innumerevoli casi tra cui, la paura di essere visti e riconosciuti nei piccoli centri, fino a volersi curare con quel o quella psicoterapeuta specifico che esercita la professione a centinaia di chilometri, la Psicoterapia da remoto è una realtà che deve essere conosciuta e, ritengo, su cui il professionista certificato o lo studente si debba preparare specificamente.

Siamo liberi di non condividere e di non utilizzare questa modalità di rapporto ma, soprattutto nell’ambito formativo, non possiamo rifiutare o condannare il lavoro da remoto perché è una realtà che non tornerà indietro con la fine della pandemia, anzi si diffonderà sempre di più.

Credo inoltre che chi, come me ad esempio, crede che comunque l’eccessiva pervasività delle esperienze da remoto estesa ai casi non veramente necessari, rischi di svalutare i contenuti e il significato della relazione psicoterapeutica, non può usare un approccio di rifiuto, anzi deve cercare di osservare, capire, stare dentro la situazione così come deve stare dentro le dinamiche del paziente per trasformarle e risolverle.

Il primo effetto quindi del lavoro da remoto nella Formazione di Gruppo in Psicoterapia è stato di attivare un pensiero sull’opportunità, nonostante tutto, che si stava vivendo, di fare esperienza di una forma di Psicoterapia, attuale e futura, che molti utilizzeranno, anche se ora è biasimato perché legato all’obbligo.

Il secondo e più importante aspetto dell’esperienza a distanza riguarda l’efficacia per lo studente, soprattutto quando riveste il ruolo di conduttore o co-conduttore del Gruppo.

Lo psicoterapeuta che lavora con le dinamiche gruppali, attiva una capacità specifica che sostanzialmente si manifesta con il riuscire a tenere aperti diversi occhi, sui partecipanti nella loro totalità, sul singolo che prende la parola, sugli altri mentre il singolo è al centro dell’attenzione, e, come sempre in Psicoterapia, un occhio sempre aperto su se stesso.

La vera efficacia formativa è l’integrazione di queste diverse attenzioni laddove è spontaneo focalizzarsi prevalentemente su una che, soprattutto all’inizio, è rappresentata spesso dal pensiero dello studente/conduttore sul cosa fare, cosa dire, anticipando o forzando i movimenti del Gruppo sull’idea che tenta di portare avanti con l’ansia della performance e che in questo modo, può essere lontana dall’effettivo stato del Gruppo nei diversi qui ed ora della relazione.

La modalità di Formazione esperienziale a distanza, nei suoi svantaggi, aiuta però lo studente, a vedere, letteralmente meglio, avendo tutti i partecipanti di fronte, incluso se stesso, nel lavoro di Gruppo.

La difficoltà tridimensionale del cerchio, in cui i partecipanti non sono tutti chiaramente visibili, soprattutto i più prossimi al conduttore, è sostituita da avere tutti di fronte sullo stesso piano, il non verbale del volto è a disposizione.

Questa è una caratteristica non da poco per l’esperienza di Gruppo perché ripeto, la capacità di osservare simultaneamente va sperimentata e allenata e poterla, per così dire, ritrovare in una rappresentazione facilitata ha la sua utilità.

Il guardare anche se stessi del conduttore e dei membri, inoltre permette di confrontarsi con le eventuali difficoltà di ogni singolo con la propria figura che in alcuni casi offre uno spunto di lavoro su specifiche dinamiche individuali o gruppali rispetto all’immagine corporea e anche di aumentare l’introspezione dei partecipanti che hanno a disposizione lo specchio per confrontare stati interni con i corrispettivi espressi.

Un aspetto altrettanto rilevante dell’apprendere dall’esperienza di Gruppo è il feedback del docente, che a prescindere del come e quando avviene, è più agevolmente compreso se tutti i membri hanno la possibilità di osservarsi con facilità come attraverso i riquadri dei monitor.

Quando per esempio, mi capita di soffermarmi, durante la conduzione, su un non verbale di uno dei partecipanti che mi colpisce o incuriosisce chiamandolo in causa, è probabile che molti degli altri studenti abbiano visto quell’espressione e la possano associare al mio richiamo se siamo in modalità a distanza, rispetto a quanto lo possano fare in presenza, visto che almeno da 2 a 4-5 persone vicine è difficilmente visibile come è anche più facile distrarsi, non essendo la persona sempre sotto l’occhio dei colleghi o del docente.

Anche l’attenzione è un’esperienza che si apprende nella Formazione di Gruppo poiché la durata del lavoro non è mai inferiore alle 2.5-3 ore, così come la Psicoterapia di Gruppo supera sempre abbondantemente i 50 minuti dell’approccio individuale: il riquadro del monitor che non offre molto rifugio stimola maggiormente l’attenzione come ulteriore risorsa formativa.

Nel desiderio che l’utilizzo necessario del lavoro da remoto si estingua il prima possibile, è importante osservare quanto ci siano dei vantaggi propri della modalità a distanza per chi nel futuro vorrà utilizzare questo strumento, e specifici dell’apprendimento formativo come diverse possibilità di osservazione di sé e del Gruppo.

 

Michele Battuello