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Continuare a pensare la Psicoterapia


La necessità è di proporre sempre più un pensiero bidirezionale sulla Psicoterapia.

Gli occhi aperti del vedere, il sentire la relazione, devono anche posarsi sull’altra individualità del rapporto che non è sempre e solo il paziente, o i pazienti nel caso dei Gruppi, ma è lo/la psicoterapeuta.

I continui messaggi sulle conseguenze del Covid sulla Salute Mentale delle persone, trasversalmente partendo dai bambini e arrivando fino alla terza età, offrono l’occasione e la risorsa, nel periodo difficilissimo che stiamo attraversando, di soffermarci sullo stato della Psicoterapia, sinonimo di pensiero sulla realtà umana.

All’interno dello spazio più alto di conoscenza e formazione, l’Università, aleggia da anni, l’allentamento delle spinte principali alla definizione del futuro professionista della salute mentale: la curiosità e l’inconsapevolezza.

Il tutto è sopraffatto da un messaggio, non a caso individualistico come specchio del tempo contemporaneo, in cui prevalgono il diritto dello studente, le ore di frequenza che gli spettano e, in base ai ruoli, quello che è adeguato fare o non fare all’attività che, per regolamento, è stata assegnata.

Sono piccoli e stretti recinti che hanno sicuramente una loro importanza perché, in molti casi, i limiti sono stati abbondantemente scavalcati fino allo sfruttamento eccessivo di una forza lavoro non equilibrato da adeguati riconoscimenti di merito ed economici, ma dall’altra affidano l’incontro con l’istituzione solo in termini di ciò che “mi spetta”.

L’inconsapevolezza di seguire un’idea, un docente di riferimento o un progetto che nasce dal desiderio di conoscere, in questo caso, la realtà umana, dietro le sue espressioni dolorose e drammatiche espresse dalla psicopatologia, è soppressa dal pensiero che è un diritto essere seguiti ed essere guidati.

Così la fantasia è piegata alla legge, alla mente razionale, che porta a uno scontro di “teste”: il futuro professionista e l’istituzione e il vincitore è difficilmente il singolo rispetto al gigante.

È vitale, per la cura dei pazienti, riportare lo studente alla possibilità del desiderio di conoscere e di concedersi all’esperienza e, in seguito a questo, ruoli e diritti si possono assolutamente rivendicare, anzi è un’azione che deve essere portata avanti quando non rispettati.

Al contrario si costruisce, da anni, un sistema di difesa in cui la paura e la diffidenza rispetto alla malattia mentale rimangono in prima linea rispetto alla scoperta della realtà umana del paziente che è tutt’altro rispetto alla psicopatologia e così istituzione e studente rimangono barricati al di qua della persona e faticano a superare la linea della possibilità di vera relazione, al di là della patologia.

Questo si realizza concretamente con un occhio cieco e l’altro che guarda solo il paziente analizzandolo, descrivendolo e trattandolo senza l’integrazione della vista della realtà umana soffocata dalla presa in carico unicamente della malattia.

Università e Scuole di Specializzazione devono restituire la sicurezza di poter aprire il secondo occhio del desiderio e di conseguenza del coraggio, dell’osare per cui gli inevitabili errori non saranno mai sbagli veri e proprio e nocumento per il paziente in quanto, lei o lui, percepirà comunque che lo studente e il neo professionista sono capaci e intenzionati a intuire la realtà umana oltre il paziente che è la persona dietro la maschera.

Nella lettera pubblicata dal quotidiano Domani il 22/11/2021, evidenzio ancora una volta la necessità di pensare sempre e tanto dal lato della Psicoterapia e quindi della Formazione per rinnovare e scoprire il pensiero sull’essere umano https://www.mbpsicoterapia.it/la-cultura-psicoterapeutica-che-guarda-con-un-occhio-solo/.

 

Michele Battuello