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Conseguenze del Covid-19 in Psicoterapia dopo 6 mesi

Lo scorso 27 Aprile ho riassunto (https://www.mbpsicoterapia.it/lockdown-e-primi-effetti-nel-lavoro-psicoterapeutico/)  le prime evidenze che rilevavo nel percorso psicoterapeutico, attribuibili al lockdown che in quei giorni si stava concludendo.

Si sono affrontati e discussi in questi mesi i rischi e le ripercussioni sulla salute mentale della popolazione dovute alla pandemia e gli specialisti e gli operatori erano concordi nel prevedere scenari complessi per la gravità della situazione e per l’estensione degli effetti potenzialmente su tutti.

Le conseguenze possono essere direttamente legate all’attacco all’integrità fisica da parte del virus: la malattia in sé con la paura e il rischio di serie complicanze come il ricovero in terapia intensiva e il decesso, le residuali disabilità fisiche e difficoltà di recupero di una piena condizione di salute, l’isolamento ospedaliero e domiciliare dei pazienti con scarse possibilità di contatto con il personale medico e paramedico e con le persone care, la paura e la lontananza di congiunti e amici aggravate dal non poter stare vicini al malato, vederlo, sentirlo e la preoccupazione degli aggiornamenti periodici forniti dal personale sanitario.

La drammaticità della pandemia ha anche effetti indiretti collegati alla perdita del lavoro, alla chiusura prolungata di scuole, università, uffici e aziende, agli svantaggi, in non pochi casi, dello smart working per chi si è trovato a gestire dentro casa più situazioni oltre quella lavorativa, le limitate possibilità di scambio, contatto e libertà relazionale dell’intera popolazione e molto altro.

Tutti questi fattori sono inequivocabilmente di rischio per la salute mentale, pertanto a maggior ragione sono da osservare, tenere in considerazione e affrontare in Psicoterapia.

L’esperienza che riporto all’interno del lavoro psicoterapeutico copre un numero di persone statisticamente irrilevante vista l’ampiezza del coinvolgimento potenziale della popolazione ma riguarda comunque un gruppo eterogeneo di situazioni per età, genere, condizione lavorativa/ di studio, familiare e personale.

La prima osservazione è che ci sono stati pochissimi casi che hanno dovuto affrontare direttamente il virus, nessuno lo ha contratto e solo due hanno riferito di un parente stretto, amico intimo o congiunto importante che si è trovato coinvolto nella malattia e nelle sue conseguenze medio-gravi del decorso, nessuno ha perso una persona cara per il virus.

In questi casi, le inevitabili paure e preoccupazione dei fatti, non hanno, a oggi, attivato angosce o rinforzato meccanismi di difesa preesistenti, sostanzialmente sono state affrontate nel qui e ora e vissute coerentemente con il dato di realtà.

Come già iniziavo a osservare nei giorni precedenti alle riaperture progressive delle attività quotidiane, l’incertezza del lasciare lo spazio sicuro che si era ricreato nelle proprie abitazioni, pur se forzato e in molti casi, reso complesso da difficoltà organizzative e relazionali, si è protratto per alcune settimane dando progressivamente spazio a una capacità di adattarsi al ritorno alla vita fuori che per tutti comunque ancora a oggi non è tornata alla normalità per motivi di sicurezza che ben sappiamo.

Probabilmente la presenza in qualche modo del periodo estivo molto prossimo e la gradualità di riattivazione dell’uscita di casa sono state di aiuto nel non vivere l’impatto della separazione dallo stato di equilibrio trovato con il lockdown.

Sicuramente molti pazienti vivono e affrontano le conseguenze economico-lavorative della pandemia come la perdita dell’impiego e/o la difficoltà nel trovarlo, l’inevitabile disorganizzazione di alcune attività come lo studio, i turni al lavoro, lo smart working che in alcuni casi è più impegnativo e incontrollato in termini di ore, pause, possibilità di relazionarsi direttamente con colleghi e altro.

Questi effetti che considero sociali del Coronavirus determinano momenti di tensione, irritazione, incertezza che non si manifestano oltre lievi stati d’ansia, limitate alterazioni dell’umore e del ritmo sonno-veglia e a mia osservazione non hanno strutturato quadri clinici conclamati o vissuti particolarmente inficianti le dinamiche relazionali.

Non intendo chiaramente sottovalutare o minimizzare l’importanza e le conseguenze di situazioni difficili e complesse per la vita di tutti i giorni, piuttosto credo sia utile distinguere le difficoltà dalla perdita di tenuta e di adattamento alle situazioni sfavorevoli che hanno un differente significato all’interno del lavoro psicoterapeutico.

I pazienti pertanto non hanno manifestato quadri aggravati dagli effetti del Covid-19, da una parte senza dubbio per la presenza e la continuità che sono state date ai nostri incontri ( https://www.mbpsicoterapia.it/organizzazione-della-psicoterapia-ai-tempi-del-coronavirus/ ) ma anche e soprattutto per le risorse attivate nelle difficoltà che sono patrimonio e bagaglio di ognuno di noi anche di chi proviene da una storia precoce in cui le risorse sono state non riconosciute e la relazione primaria ha manifestato lacune affettive fondamentali per la costruzione del senso di sé e autonomia della persona.

Come evidenziavo già in Aprile, i pazienti hanno proseguito la Psicoterapia portando avanti le elaborazioni e trasformazioni in corso non subendo distrazioni o interferenze importanti provenienti dalla realtà esterna: si evidenzia la capacità di mantenere il Sé integro rispetto alle situazioni che, sappiamo, possono severamente compromettere l’identità della persona.

Questo nella mia pratica clinica quotidiana è evidenziato dalla qualità e dalle caratteristiche della relazione con i pazienti e dal contenuto dei sogni.

In particolare le immagini oniriche raccontano spesso dinamiche che si attivano in conseguenza di vissuti importanti e credo, con più precisione della sola relazione, che raccontino l’effetto e il significato di eventi emotivamente e affettivamente significativi integrando la relazione stessa con aspetti che comunque la coscienza può difendere, celandoli.

Le immagini oniriche non hanno evidenziato contenuti riconducibili all’effetto dell’isolamento o delle svariate conseguenze della pandemia che ho sinteticamente descritto.

Come negli scorsi mesi il virus nella sua rappresentazione delle mascherine che indossiamo, del distanziamento sociale e del rischio di infettarsi con il contatto diretto è stato spesso utilizzato nei sogni come immagine riferibile all’elaborazione che i pazienti stavano facendo del loro personale vissuto storico per cui l’amare ed essere amati era pericoloso, sbagliato, fonte di colpa e vergogna in molti casi.

Confermo pertanto che l’infezione attuale è stata presa solo come rappresentazione del processo in corso di ogni paziente della trasformazione dei vissuti storici e non come fatto/fattore innescante paure di contatto e relazione.

In conclusione, a distanza di sei mesi circa dall’inizio dell’epidemia, ritengo che le conseguenze psicologiche sui pazienti in Psicoterapia siano riferibili a effetti coerenti con la realtà esterna che è in molti casi dura e drammatica, e quindi affrontata nel qui ed ora con le risorse della relazione psicoterapeutica ma non struttrano quadri o dinamiche di compromissione dell’identità fino a oggi raggiunta con il lavoro psicoterapeutico né come attivazione di dinamiche pregresse né come effetti ascrivibili a quadri di PTSD.

Ritorno, pertanto, a una riflessione sul significato del trauma e del suo inquadramento che a oggi è sovrapponibile al pensiero riportato lo scorso Aprile che era il seguente (https://www.mbpsicoterapia.it/lockdown-e-primi-effetti-nel-lavoro-psicoterapeutico/ ):

“Queste sommarie rilevazioni confermano l’importanza dell’uso del sogno e soprattutto l’esperienza interpretativa dello Psicoterapeuta: l’evento di forte impatto emotivo, di stravolgimento della quotidianità, del modo di vivere, di pensare, di relazionarsi, non per forza assume i caratteri del trauma o di qualcosa che sconvolge l’identità della persona.
Al contrario, caratteristica specifica dell’essere umano, quando un’identità di base, https://www.mbpsicoterapia.it/il-potenziale-umano-introduzione/, si è storicamente potuta formare o si è ritrovata in Psicoterapia, gli eventi permettono alle persone di utilizzare risorse anche inimmaginabili per far fronte alle difficoltà per la presenza di un Sé attivo e reattivo, mentre in altri casi, i fatti incontrano un’identità fragile che rischia di soccombere o doversi adattare in maniera difensiva.”

Michele Battuello