Il modello di Psicoterapia combinata individuale/gruppo ha le sue radici nella Fisiologia della Relazione Umana e, seguendo le tracce del processo evolutivo del bambino dalla nascita all’adolescenza, propone al paziente una dinamica di rapporto prima duale che sottende alla relazione precoce con l’adulto e poi sociale, il Gruppo, che coinvolge dinamiche più mature, quando il bambino scopre l’Altro oltre l’esclusività madre/adulto di riferimento https://www.mbpsicoterapia.it/psicoterapia-combinata-individualegruppo-1/.
I pazienti arrivano al Gruppo, avendo elaborato gran parte delle identificazioni precoci dei primi anni di vita, comprese eventuali dinamiche fusionali risalenti a primi mesi in cui il bambino non poteva ancora distinguere tra sé e l’altro e tutte le percezioni provenienti dal mondo esterno erano Sé https://www.mbpsicoterapia.it/dinamiche-fusionali-e-di-identificazione-in-psicoterapia/.
Le esperienze dei primi mesi/anni di vita, rimanendo nella memoria inconscia del bambino, sono esplorate e trasformate con l’utilizzo dell’interpretazione dei sogni oltre che della relazione, strumento che avvicina più di tutti paziente e psicoterapeuta alle immagini che raccontano le esperienze dell’allora e la loro rielaborazione nella crescita e nell’adulto che siede nella stanza di fronte a noi https://www.mbpsicoterapia.it/interpretazione-delle-dinamiche-inconsce-in-psicoterapia/.
I partecipanti alla Psicoterapia di Gruppo hanno pertanto acquisito anche una parziale dimestichezza nello stare in quell’attivazione così profonda che è l’interpretazione del sogno: parziale perché si osserva comunque la tendenza a “sentire” il contenuto del sogno verbalizzato dallo psicoterapeuta con lo strumento cognitivo di comprensione cosciente delle frasi e l’incremento della qualità e della capacità di stare prosegue con il lavoro psicoterapeutico.
I contenuti affettivi emersi e restituiti al paziente con l’interpretazione del sogno, toccano livelli diversi da quello cognitivo che spesso non sono immediatamente percepibili dal paziente e dallo psicoterapeuta stesso, e non passano per il concetto interpretativo quanto per l’intuizione dello psicoterapeuta della realtà umana del paziente attraverso la verbalizzazione dei contenuti onirici e con l’acquisizione della consapevolezza da parte del paziente che anche lui/lei è strumento attivo della relazione intuendo e rispondendo inconsciamente all’alleanza psicoterapeutica.
I sogni ricordati e raccontati nelle sedute successive esprimono molte volte la vera, profonda risposta del paziente all’interpretazione dei sogni degli incontri precedenti.
Le immagini oniriche, con il proseguire della Psicoterapia e la risoluzione delle dinamiche precoci, rispondono sempre più al qui e ora delle relazioni del paziente costruendo il significato del lavoro di Gruppo https://www.mbpsicoterapia.it/psicoterapia-combinata-individualegruppo-3/, come detto, e per questo, chiedo talvolta al Gruppo stesso di pensare i contenuti del sogno raccontato da uno dei partecipanti.
Non la chiamo interpretazione poiché la relazione di cura è legata allo specifico rapporto con lo psicoterapeuta anche nelle dinamiche di Gruppo pertanto l’interpretazione vera e propria include l’insieme della storia del paziente in Psicoterapia a partire dal lavoro individuale, emerso nel qui e ora del racconto del sogno e della risposta interpretativa.
Il ricordo del sogno e il suo racconto non è mai un atto isolato ma una delle numerose espressioni del rapporto interumano e, per la Psicoterapia, deve essere colto nel suo contenuto trasversale: il lavoro di riflessione reciproca paziente-psicoterapeuta sul significato del qui ed ora di un sogno, come alcuni approcci propongono, credo che minimizzi e renda parziale l’efficacia terapeutica dell’interpretazione dei sogni stessi.
I pazienti del Gruppo non interpretano il sogno dell’altro non per inadeguatezza di ruoli, come spesso la Cultura Psicoterapeutica al contrario propone con l’immagine del leader o dello psicoterapeuta guru, ma per specificità e obiettivi della relazione: come è vero che, insieme allo Psicoterapeuta, il Gruppo partecipa attivamente alla cura del Gruppo stesso e dei singoli partecipanti, è anche necessario ridefinire che lo spazio di cura focalizzato sull’interpretazione del sogno è strettamente correlato all’intimità della relazione psicoterapeuta/singolo paziente anche in Gruppo.
Propongo al Gruppo, dicevo, di pensare il sogno dell’altro, e questa azione ha diversi significati.
Il primo è di mantenere il Gruppo attivo evitando che la dinamica si trasformi solo in un lavoro individuale in cui sono presenti altri partecipanti, soprattutto durante il racconto e l’interpretazione dei sogni.
Tutti sono coinvolti nell’esperienza inconscia del sogno che diventa così movimento circolare del processo di cura, a differenza di molti approcci che prevedono racconto del sogno e interpretazione da parte dello psicoterapeuta e passaggio a un altro partecipante e ai suoi sogni e così via lasciando il Gruppo all’ascolto attivo dei contenuti che, seppur importante, limita il lavoro sulla relazione con gli Altri, focus della Psicoterapia di Gruppo nel modello combinato.
Un secondo significato del coinvolgere i pazienti nel sogno di un partecipante è quello, per me fondamentale, di sostenere un’attivazione emotiva gruppale che permetta a ogni incontro sempre maggiore spontaneità nell’intuizione dell’Altro.
L’intuizione, in Psicoterapia, è l’apertura dell’occhio che guarda la realtà umana dell’altro non avendo necessità di utilizzare l’occhio che vede senza sentire, l’occhio cosciente e razionale https://www.mbpsicoterapia.it/la-cultura-psicoterapeutica-che-guarda-con-un-occhio-solo/.
È lasciarsi andare al primo anno di vita senza il condizionamento della mente razionale per toccare il più possibile la vitalità dell’altro che appunto non è vedere ma intuire.
Ai pazienti è quindi proposto il pensiero sul sogno come abbandono della comprensione intellettuale e contatto con la pancia, il sentire più profondo, libero e vitale.
In questo modo ogni paziente si confronta e mette in gioco inconsciamente l’effettivo stato dei suoi meccanismi di difesa e la loro elaborazione, e fa esperienza delle sensazioni e degli effetti dell’intuizione, nello spazio protetto del setting, protetto perché intuire coincide con il potersi riavvicinare con i propri nuclei vitali, con il primo anno di vita, che si sono dovuti difendere dalle non riposte affettive degli adulti alla relazione; intuire è, quindi, anche rischiare il ritorno dell’esperienza dolorosa e angosciante del non riconoscimento di sé.
Seguendo la dinamica circolare della Psicoterapia di Gruppo, l’intuizione dei membri sul sogno di un paziente da una parte è un’importante risposta affettiva per il paziente chiamato in causa ma dall’altra è anche una forte esperienza per chi rimanda l’intuizione perché mette in moto diversi livelli emotivi individuali.
Un altro effetto psicoterapeutico è connesso alla risposta contraria all’intuizione: il paziente nel farsi toccare dal racconto del sogno di uno dei membri può attivare difese o resistenze dello specifico contenuto inconscio, proiettando significati diversi dalla genuina intuizione dell’altro.
Per questo è sempre fondamentale la gestione del setting da parte dello Psicoterapeuta di Gruppo che deve avere tanti occhi aperti sul qui e ora della relazione gruppale e non solo sul singolo paziente perché le restituzioni inconsciamente aggressive o che negano la realtà affettiva del sogno, sono solitamente molto tenui nella loro verbalizzazione, spesso di toni empatici, raramente distruttive nella fenomenologia ma non per questo meno violente di un acting out.
Ritengo non terapeutica la libera circolazione a priori e a tutti i costi di pensieri, frasi ed emozioni perché l’intuizione libera dello Psicoterapeuta ha anche l’obiettivo di frustrare le dinamiche patologiche circolanti non per bloccarle ma per restituirne il significato al paziente e al Gruppo stesso.
L’azione ha talvolta la funzione di proteggere il Gruppo da agiti inconsci aggressivi ma questo accade raramente perché non vedo i pazienti come persone fragili da difendere sempre, ma anzi, nel riconoscimento della loro realtà umana identica a quella dello Psicoterapeuta https://www.mbpsicoterapia.it/le-diversita-in-psicoterapia/ , ritengo che le azioni interpretative delle dinamiche psicopatologiche emergenti e il loro rifiuto dinamico anche nel qui e ora del Gruppo, rappresentino un’ulteriore stimolo della vitalità del Gruppo stesso e un’azione efficace per il processo di cura.
Questo si integra con un pensiero in merito al rifiuto, fondamentale in Psicoterapia: intuire la realtà umana dell’altro e lasciarsi andare al primo anno di vita sono parole che hanno un loro corrispettivo relazionale che non include l’accoglienza a tutti i costi dell’altro.
Essere in contatto con se stessi e con il mondo esterno è anche la capacità di potersi e doversi realmente difendere dal non riconoscimento dell’altro che contempla la possibilità di dire no: No che è coerenza con il contenuto della relazione e che è separazione quando e se il rapporto non corrisponde più a uno o entrambi i partecipanti.
Proprio se la persona non proietta significati diversi dalla relazione sulla relazione stessa, come identificazioni irrisolte e bisogni connessi, angosce e paure di separazione come abbandono, il rapporto vive la fantasia espressa dal desiderio dell’incontro e dal puro interesse per l’altro e quello spazio-tempo speciale, importante e vitale può anche terminare e, seppur con dolore, si può lasciare, se non corrisponde più al desiderio stesso.
Il No non è solo per un riconoscimento di identità soggettiva ma anche e soprattutto di identità oggettiva del mondo esterno, l’altro: dire no permette a chi amiamo di avere una scelta, una possibilità di soffermarsi, di entrare in contatto con il rifiuto, rispetto al perenne sì che non rappresenta sempre una risposta d’amore ma spesso il bisogno di negare al rapporto uno spazio di introspezione per paura di perdita e abbandono.
Così anche in Psicoterapia il rifiuto di una dinamica tramite la frustrazione interpretativa, contiene il riconoscimento della qualità affettiva della relazione con il paziente e interviene proprio a confermare che le dinamiche difensive non sono la realtà umana del paziente e il loro rifiuto, quando emergono, è sostenuto dal contatto con le risorse affettive della relazione psicoterapeutica.
Ritornando all’attivazione del Gruppo sul pensare i contenuti del sogno raccontato dal singolo partecipante, un altro obiettivo è di poter favorire la tolleranza alla frustrazione del Gruppo stesso: il paziente che ascolta il pensiero dell’altro sul proprio sogno deve reggere un alto grado di tolleranza alla frustrazione per l’intimità e la profondità dei contenuti sia espressi che rimandati, evoluzione importante nel processo psicoterapeutico per il cambiamento e l’attivazione delle risorse.
Il focalizzarsi del paziente sul controllo e l’attenzione su di sé per un’identità sentita come incerta o fragile, lo ha reso spesso intollerante al confronto con pensieri, emozioni, dinamiche esterne perché la risposta che ne derivava era percepita come rischiosa, inquinata dal giudizio, dalla paura del rifiuto e dell’abbandono.
In conclusione, un’apparente semplice proposta ai pazienti di pensare inconsciamente, come descritto, sui sogni, in realtà smuove nella dinamica di Gruppo livelli ampi e complessi di intervento psicoterapeutico, ma come sintesi di efficacia ha per me l’obiettivo centrale di attivare l’intuizione e il riconoscimento dell’Altro che è la diretta conseguenza della risoluzione delle dinamiche psicopatologiche, dinamiche che raccontano sempre la patologia della relazione e non la malattia intrinseca all’essere umano https://www.mbpsicoterapia.it/passaggi-sulla-diversita-e-luguaglianza-in-psicoterapia-e-nella-cultura-psicoterapeutica/.
Michele Battuello