Survivors

“Sfortunatamente troppo spesso il suicidio non viene considerato come un problema prioritario nell’ambito della salute mentale. Nonostante l’incremento della ricerca e della conoscenza sul suicidio e la sua prevenzione. I tabù e lo stigma che ruotano intorno al suicidio persistono e a causa di questo spesso le persone non cercano aiuto o vengono isolate. E se non si cerca aiuto le strutture e i servizi per la salute mentale non possono essere tempestivi ed efficaci nei loro interventi”.

Margaret Chan, Direttore Generale OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

 

Col termine “Survivors of suicide” ci si riferisce a chi ha perso una persona per suicidio e che pertanto è costretta a ridefinire la propria esistenza in modo drammatico in seguito alla morte del proprio caro. La nostra esperienza ci ha confermato che il suicidio ha un impatto importante su diverse relazioni dalle più strette (familiari e amici) a una cerchia più ampia di persone (colleghi di lavoro, medici curanti, abitanti del quartiere…). In generale tutta una comunità rimane scossa in seguito ad un suicidio: rapporti diversi e dunque necessità di intervento diverse.

La Dr.ssa Milelli e il Dr. Battuello collaborano con il Servizio di Prevenzione del Suicidio, dell’A. O. Sant’ Andrea di Roma, diretto dal Prof. Maurizio Pompili (www.prevenireilsuicidio.it) da molti anni, dove hanno maturato una seria esperienza nel settore. Il lungo lavoro e il costante impegno – sia nello studio del fenomeno che attraverso l’esperienza diretta – ha portato a una definizione di modelli di intervento che spesso non possono essere offerti dal Sistema Sanitario.


Modelli di intervento

I Survivors vivono sempre un enorme senso di colpa, vergogna e stigma ma dato che non sono questi gli unici aspetti delle loro problematicità, ci siamo resi conto della necessità di spazi e percorsi specifici e diversi a seconda della situazione. Per esempio, emerge dalle storie che ascoltiamo, come lo scorrere del tempo sia paradossale: è quello che abbiamo chiamato “un tempo evolutivo in un tempo bloccato” che necessita di un lavoro mirato. Il Survivor spesso riporta la coesistenza di due tempi: una parte di sé rimane ferma nel tempo, bloccata nel dolore e nel dramma di quei giorni mentre esistono dei movimenti evolutivi (biologici, psicologici e relazionali che interessano il suo ciclo vitale. Diventa difficile andare avanti, perché si ha la sensazione di “tradire il proprio caro”; una qualsiasi evoluzione della vita del Survivors è pertanto vissuta con angoscia.
È solo una delle frequenti esperienze raccontate, pertanto per affrontare tutte le criticità legate a questa popolazione complessa, abbiamo pensato e strutturato modelli di intervento che vanno dall’incontro familiare, a quello individuale e a quello di gruppo.

FAMIGLIA
Spesso i singoli membri delle famiglie che hanno vissuto il dramma di un suicidio sono portati a nascondere la propria sofferenza per proteggere gli altri, per la vergogna, il senso di colpa e la responsabilità che inevitabilmente ognuno si attribuisce rispetto al suicida: il risultato finale è sempre una profonda solitudine e un forte dolore psicologico e fisico. In queste situazioni si ha il terrore che qualcun altro possa cedere e che un nuovo suicidio sia possibile. Gli incontri familiari sono pensati per facilitare la comunicazione e per affrontare questo dolore nell’ambito della famiglia stessa.

INDIVIDUO
La letteratura scientifica è ricca di definizioni sull’impatto del suicidio nel singolo individuo: si tratti di un familiare o di un collega, le conseguenze psicopatologiche della perdita per suicidio sono importanti. La psicoterapia individuale con i Survivors parte in un primo momento dall’esperienza della perdita del caro per poi arrivare a un percorso dedicato alla gestione e l’elaborazione degli aspetti più profondi e privati della persona. In linea col principio della ricerca del Potenziale Umano (Battuello ed Errico, 2015) l’obiettivo della terapia è di far emergere e rafforzare le parti valide dell’individuo che non sono andate distrutte o frammentate nel processo evolutivo e dall’esperienza traumatica.

GRUPPO
I Gruppi Survivors sono organizzati in quattro modalità: il gruppo mensile, il gruppo a cadenza quindicinale, il gruppo settimanale, il multifamiliare. Sono condotti dal Dr. Michele Battuello, dalla Dr.ssa Mariantonietta Milelli e dalla Dr.ssa Denise Erbuto ed è possibile che siano presenti tirocinanti o professionisti in formazione.

  • Il gruppo mensile chiamato “Accade di Sabato” propone un incontro al mese, di sabato mattina dalle ore 10 alle ore 12:30. Si tratta di un gruppo aperto, pensato per i Survivors che provengono da fuori Roma. E’ condotto dalle Dr.sse Erbuto e Milelli .
  • Il gruppo multifamiliare propone incontri di tre/quattro nuclei familiari a cadenza quindicinale. Il gruppo è condotto dalle Dr.sse Milelli ed Erbuto. Nasce dalla proposta di mettere insieme famiglie diverse tra loro ma accomunate dalla stessa esperienza.
  • Il gruppo quindicinale e quello settimanale sono condotti dal Dr. Battuello, insieme alle Dr.sse Milelli ed Erbuto. Sono di orientamento psicodinamico, vi si accede in seguito a colloqui individuali, incontri familiari, o per esperienza fatta in altri gruppi.

NB: la Dr.ssa Denise Erbuto psicologa psicoterapeuta, collaboratrice del Servizio per la Prevenzione del Suicidio U.O.C. Psichiatria, A.O. Sant’Andrea, Roma, diretto dal Prof. Maurizio Pompili (www.prevenireilsuicidio.it).