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La dimensione emotiva del lutto per studenti del Corso di Laurea Infermieristica: il lavoro di Gruppo


Nel pensare l’organizzazione di un modulo ADE (Attività Didattica Elettiva) per gli studenti del Corso di Laurea Infermieristica della Facoltà di Medicina e Psicologia, Università Sapienza di Roma, sul tema “La dimensione emotiva del lutto”, non ho esitato a proporre un lavoro di Gruppo.

Alcune esperienze che si sono vissute o che si andranno ad affrontare nel lavoro e nella vita di ogni studente e direi, in generale, di ogni professionista in ambito sanitario, come quella della morte, possono essere maturate ed elaborate in forma non didattica.

Il processo formativo, di solito strutturato sull’integrazione tra moduli teorici e tirocinio clinico, non lascia molto spazio a temi fondamentali come l’incontro con la morte ma anche ad altre criticità come il rapporto con il bambino ospedalizzato e le famiglie, il paziente psichiatrico, ritrovabile spesso in molti reparti, il burn-out del professionista e la sua gestione, che sono affrontati spesso in forma teorica/narrativa dal Docente o vissuti dagli studenti durante il tirocinio osservando l’operato dei tutors, in reparto o in ambulatorio.

Si aggiunga alla lista il tema drammatico durante questo lungo periodo di epidemia da Covid-19, dell’isolamento del paziente dai propri cari e la distanza fisica degli operatori che possono comunicare poco, protetti da tute, mascherine e schermi che annientano l’umanità di entrambi, professionista e paziente stesso.

Queste esperienze sono tutte ad alto impatto emotivo e hanno bisogno di una conoscenza e capacità elaborativa dello studente che dovrebbero essere maturate nel processo formativo come ha proposto il Corso di Laurea con l’istituzione dell’ADE sul lutto.

Nel decidere, senza alcun dubbio, di proporre un lavoro di Gruppo mi sono dovuto confrontare su che tipo di Gruppo volevo condurre partendo dal vincolo principale del numero degli incontri, quattro, di circa due ore e mezza l’uno: poco tempo per un grande argomento, sicuramente una sfida.

La letteratura sull’elaborazione del lutto, che coinvolga i lavoratori in ambito sanitario, che la popolazione generale, si concentra su gruppi esperienziali di condivisione dell’impatto emotivo della morte sui partecipanti, applicando anche tecniche di training autogeno, di meditazione e bioenergetiche e pertanto sono Gruppi di supporto focalizzati nell’offrire uno spazio intimo, libero dal giudizio per esprimere emozioni e pensieri.

Si tratta di Gruppi utili se non fondamentali ad aiutare nell’acuto, quando una persona sta vivendo il terremoto emotivo della perdita o sulla lunga distanza, quando il dolore si struttura e permane nel tempo.

All’interno di un percorso di formazione credo che il ruolo del supporto possa essere parte del lavoro di Gruppo ma non lo debba costituire integralmente poiché il tema del lutto, per essere affrontato ed elaborato, deve contenere anche una riflessione sul processo di separazione individuale del partecipante.

La morte è la separazione più complessa con cui l’essere umano si confronta fin dalla preistoria, sia per la necessità di dover sopravvivere alla morte delle persone amate sia per la consapevolezza che è un evento che ci riguarderà in prima persona.

È sempre un’esperienza traumatica ma è rilevante distinguere quando, nella maggior parte dei casi, quel trauma è superato per una spontanea capacità elaborativa dell’essere umano della sofferenza e quando invece rimane un’esperienza irrisolta, che lascia aperto un dolore e una qualità di vita così compromessa da determinare quello che clinicamente si chiama “lutto complicato e disturbo da sofferenza prolungata”.

Escludo dalla mia narrazione le esperienze di lutto che per la loro estrema gravità inevitabilmente compromettono l’esistenza di una persona a lungo termine, come la perdita di un figlio, il suicidio, eventi catastrofici e altro.

Durante l’intero processo evolutivo e più avanti durante tutta la vita, ci confrontiamo inevitabilmente con la separazione: dal seno materno in poi la crescita è legata al lasciare una situazione acquisita per una nuova, sconosciuta.

La separazione contiene fatica, sofferenza e incertezza ma con il fine di portarci a un livello maggiore di capacità relazionale ed esperienza: la difficoltà che può avere un bambino nel cominciare la scuola per esempio, poiché lascia uno spazio sicuro come la casa e il rapporto quotidiano con i genitori, serve per trovare rapporti, spazi ed esperienze nuove fondamentali per la crescita e la costituzione progressiva dell’identità.

La nostra intera vita e non solo durante il periodo dello sviluppo dalla nascita all’età adulta, non procede linearmente ma per crisi, si rompe un equilibrio e si fatica per poi trovarne uno nuovo, diverso, finalizzato al progredire.

Alle esperienze strettamente correlate allo sviluppo psicofisico, necessarie, si associano quelle che, come il lutto, ci obbligano a confrontarci potentemente con le dinamiche di separazione per andare avanti.

È fondamentale per questi passaggi la qualità relazionale che si è esperita principalmente nel rapporto con i genitori durante i primi anni, periodo centrale per porre le fondamenta dell’identità di Sé fin dal primo giorno di vita.

Oltre l’evento drammatico con cui la persona impatta, è rilevante quindi il “come” arriva all’evento in termini di capacità e possibilità di affrontare le separazioni: se esiste già una frattura legata al processo evolutivo si potrà effettivamente strutturare il trauma che non è sempre riconducibile solo al fatto in sé.

Nell’organizzare pertanto il lavoro di Gruppo del modulo ADE, sono due i filoni conduttori che tengo in considerazione: il primo è la condivisione dell’esperienza, il secondo è la riflessione sulla capacità di separazione.

Il Gruppo deve trovare come punto di partenza un clima di intimità, di spazio protetto in cui potersi aprire e, visti i limiti di tempo, è necessaria l’incisività del conduttore che nel non dover forzare l’emergere dei racconti, può comunque partecipare direttamente e attivamente portando, a esempio, le proprie esperienze personali o professionali, per cercare di far sentire i partecipanti accolti e sentirsi a sua volta accolto da loro entrando in gioco.

Per questo faccio riferimento al modello Strategico Integrato che porto avanti nel lavoro di Gruppo con gli psicoterapeuti in formazione della Scuola IIRIS (Istituto Integrato di Ricerca e Intervento Strategico) per cui il Docente conduttore è parte viva del Gruppo stesso, è uno insieme agli altri.

A differenza delle Psicoterapie vere e proprie, infatti, gli incontri di formazione di Gruppo sono molto limitati, soprattutto il conduttore non è scelto dagli studenti così come nel Corso di Laurea Infermieristica e ha la doppia figura del conduttore/docente, ruolo che potrebbe limitare la libertà e l’espressività degli studenti stessi, quindi l’unica vera possibilità per creare un Gruppo efficace è mettersi in gioco esplicitamente.

I partecipanti possono così portare le esperienze soprattutto personali ma anche professionali, spazio che solitamente dedico al primo incontro.

Le narrazioni che emergono all’interno del Gruppo portano già indirettamente dei riferimenti alle caratteristiche di separazione dei singoli e alle emozioni a esse associate e dal secondo incontro si può introdurre questo tema facendo riferimento ai racconti precedenti e riformulandoli.

Se il clima di Gruppo lo consente, si possono esplorare e conoscere meglio specifici meccanismi di difesa strutturati in seguito alla difficoltà storica di separazione legata alla dinamica relazionale con i genitori: tra i vari e frequenti, per esempio, la necessità di fare tanto, troppo per gli altri, compresi i pazienti, per sentirsi importanti o sufficientemente amati che può correlarsi con il senso di fallimento, associato al lutto, per non essere stati in grado di offrire l’aiuto necessario.

Altre volte emerge il bisogno storico di fare tutto da soli per scarsa fiducia negli altri e con questo la non abitudine a confrontarsi e a condividere esperienze ed emozioni per cui quando ci si ritrova a fronteggiare eventi emotivamente potenti, si interiorizza il dolore e lo si porta come un fardello protratto nel tempo, nella professione e nella vita privata.

Ancora, la necessità di razionalizzare portando il tema su un piano prettamente professionale, come se ci si rapportasse alla morte come a un oggetto da cui si prendono le distanze, racconta, magari, di un’abitudine a sostituire il sentire con il capire e così via molte altre esperienze che possono essere lette, interpretate ed elaborate focalizzandosi sulla dinamica di separazione.

Inizia così il passaggio dalla condivisione alla possibilità di attivare un’introspezione sulla propria specifica capacità di separarsi, a prescindere o in associazione all’evento raccontato.

Poiché in pochi incontri è raro che tutti i partecipanti vogliano/riescano a esprimersi, l’utilità del Gruppo è rappresentata proprio dal fatto che la sintesi del conduttore dei vissuti di difficoltà emersi sulle dinamiche di separazione, integrata con i contenuti portati dagli studenti che si sono messi direttamente in gioco, svolge la funzione di rinforzo per l’introspezione di ognuno.

In questo modo lo studente si confronta con modalità relazionali proprie e degli altri partecipanti che può osservare ed eventualmente trasformare partendo dall’esperienza.

Emergono i tratti di personalità specifici che possono essere associati a maggiori difficoltà nel vivere la perdita e pertanto nell’affrontare il lutto: la predisposizione a costruire rapporti di dipendenza, il timore del confronto e dell’espressione di Sé che genera l’evitamento, la consapevolezza costruita cognitivamente che tutto è affrontabile e nulla fa paura perché l’importante è fare da soli, sono solo alcuni dei costrutti relazionali che emergono.

Focalizzare le emozioni associate alle diverse personalità degli studenti e riformulare ipotesi metacognitive sono potenti attivatori del Gruppo che, a questo punto, si può concedere di spostare l’attenzione dall’esperienza del lutto ipso facto all’esperienza di Sé collegata al lutto o a qualsiasi separazione importante determinando un’introspezione individuale più ampia e profonda.

Con questa maggiore consapevolezza dei partecipanti allora acquisisce un significato rilevante, l’introdurre, da parte del conduttore, esempi di stili relazionali anche patologici, presi in prestito dall’esperienza clinica: il materiale assorbito cognitivamente con la didattica del Corso di Laurea, diventa vero, sentito, assimilabile poiché integrato dall’esperienza sul Sé da parte degli studenti.

Il significato del lutto e della sua eventuale elaborazione può essere contattato se si è acquisita consapevolezza del personale processo di separazione dalle relazioni e dagli eventi sul piano cognitivo ma soprattutto emotivo.

Un ultimo tema che ritengo utile portare al Gruppo è quello degli argomenti che chiamo “vietati” all’interno delle relazioni: aspetti culturali e sociali del paziente integrati nel suo carattere e modalità relazionali, di ordine religioso, etnico, politico così come temi etici e morali, abitudini e stili di vita.

La soggettività della persona è così condizionata da numerose variabili di cui spesso abbiamo parziale consapevolezza: ritengo necessario esplicitare e proporre gli argomenti che sono idealmente tollerati dal futuro professionista ma in realtà scomodi,  per consentire il più possibile che la relazione d’aiuto sia libera da pensieri a priori e da importanti pregiudizi che troppo spesso sono testimoniati dalla cronaca e dai pazienti stessi.

La persona che si avvicina alla morte così come la sua famiglia ha ancora più necessità di essere compresa, accolta e aiutata nel suo dolore degli altri pazienti e il compito del personale sanitario è anche quello di superare il più possibile, conoscendole, le situazioni che possono interferire con la qualità dell’assistenza.

Pertanto il lavoro sul processo di separazione all’interno del Gruppo apre a contenuti importanti che possono essere affrontati come gradini progressivi di consapevolezza, introspezione e cambiamento dello studente: strumenti utili per confrontarsi con una delle esperienze più complesse della professione sanitaria, che è chiaramente la morte

I pochi incontri di certo non permettono un lavoro approfondito sulle necessità specifiche del singolo ma allo stesso tempo viene offerto un lavoro di Gruppo che, diversamente da altri approcci sull’elaborazione del lutto, permette allo studente di focalizzarsi non solo sulla condivisione dell’esperienza ma anche sulla capacità introspettiva di Sé focalizzata al lavoro sul processo di separazione che rappresenta la possibilità trasformativa che la sola condivisione spesso non è in grado di attivare.

Michele Battuello